“Chieti Kaput”: 10 settembre – 18 dicembre 1943

(DAM) Chieti – Abbiamo parlato in uno dei precedenti episodi pubblicato su Discovery di alcuni topici momenti per la storia d’Italia che hanno avuto come teatro principale Chieti e l’Abruzzo tra l’8 e il 9 settembre 1943 con il “fugone” della famiglia reale savoiarda con la corte, di Badoglio con i membri del governo, dello stato maggiore dell’esercito con lo schianto dello Stato Italiano sabaudo nato nel Risorgimento, non solo militare, ma soprattutto politico e morale.
In questa puntata, come in un diario ci concentreremo sul periodo che vede sempre Chieti e Palazzo Mezzanotte protagonisti durante l’occupazione tedesca (10 settembre 1943 – 9 giugno 1944) e precisamente dal 10 settembre 1943 al 4 novembre 1944 quando i Tedeschi tentarono di rastrellare tutti gli uomini validi per il lavoro e volevano fare sfollare anche Chieti per arroccarcisi a difesa della posizione dietro la Gustav e non permettere il controllo agli Alleati della Strada Statale Tiburtina Valeria. In quei giorni, Chieti era sull’orlo del collasso con 100 mila sfollati provenienti dai paesi sinistrati dalla guerra, non solo dal foggiano ma anche dal Chietino, dal Pescarese e da parte dell’Aquilano. La parola d’ordine dei Tedeschi era “Chieti Kaput”, distruzione di Chieti per fare terra bruciata al nemico che fortunatamente poi non avvenne per la mediazione col comando tedesco non solo del Vescovo Mons. Venturi ma anche del Podestà Alberto Gasbarri e delle famiglie notabili teatine, oltre grazie alla perdita di importanza strategica del fronte adriatico della Linea Gustav rispetto a quello Tirrenico.

INIZIAMO PARTENDO DA ALCUNI GIORNI IN DIETRO PER RINFRESCARE LA MEMORIA:

3 SETTEMBRE 1943:

Il Maresciallo Badoglio e il Re Vittorio Emanuele III decisero il trasferimento di Mussolini dall’isola della Maddalena a Campo Imperatore. Il trasferimento del capo del Fascismo avvenne alle pendici del Gran Sasso aquilano seguendo questo tragitto: Paganica, Tempera, Camarda, Assergi, Fonte Cerreto ( qui il Duce alloggiò nella villa della contessa Rosa Mascitelli) per poi salire con la funivia fino all’albergo di Campo Imperatore a 2112 metri, dove arrivò alla luce del sole e dunque pressoché tutti sapevano a Chieti della presenza di Mussolini all’ombra del Monte Corno.
Sempre il 3 settembre il generale Castellano firma all’oscuro delle sue clausole l’armistizio incondizionato con gli Alleati.
Intanto, sui confini del Brennero, l’esercito tedesco sta ammassando 22 divisioni pronte a scendere in Italia, come richiesto da Mussolini e dai generali italiani il giorno 19 luglio 1943, durante l’incontro di Feltre, nel quale ci fu il terribile e sanguinoso primo bombardamento nei quartieri popolari di Roma come a San Lorenzo. Le truppe germaniche sono pronte a scendere in Italia al segnale di Kesselring che aveva già messo un importante comando a Massa d’Albe (comune dove si trova anche il sito archeologico di Alba Fucens) vicino Avezzano, perché era già previsto in caso di sbarco degli anglo – americani sulla Penisola che si doveva fare una linea difensiva tirreno – adriatica dal Garigliano al Sangro, passando per l’Appennino Centrale, come poi effettivamente avvenne nonostante lo sfascio della monarchia italiana dopo l’annuncio dell’Armistizio dell’8 settembre 1943 con la cosiddetta Linea Gustav o Winter Line, progettata dalla organizzazione Todt, dove dal 1 dicembre 1943 fu arrestata l’avanzata delle truppe del Commonwealth di Montgomery fino al giugno 1944. Si ricordano dal lato adriatico della Gustav le durissime battaglie di Ortona “Stalingrad d’Italia” e di Orsogna “Cassino dell’ Adriatico”.

4/5 SETTEMBRE 1943:

Il comando della Linea Gustav, questo formidabile sbarramento difensivo che fecero le truppe germaniche sul Sangro, fu proprio Palazzo Mezzanotte a Chieti, dove già da prima dell’8 settembre, come da testimonianze dirette, avevano installato in gran segreto un ponte radio con 4 uomini in un immobile dietro Palazzo Mezzanotte che nella parte più alta sovrastava il cortile interno.

7 SETTEMBRE 1943:

Badoglio sconsiglia al comandante delle divisioni aviotrasportate statunitensi Taylor, incontrato in gran segreto a Roma in piena notte, uno sbarco nei pressi della Capitale d’Italia per fare sloggiare i tedeschi, dicendo di non aver né armi, né mezzi, né carburante e di essere in inferiorità tattica rispetto ai Tedeschi che controllavano gli aeroporti, ma ciò non corrispondeva al vero, era solo un trucchetto del Feldmaresciallo Kesselring (vedesi il diario del comandante tedesco).

8 SETTEMBRE 1943:

Il Generale USA Eisenhower annuncia alle 18.30 dell’8 settembre 1943 l’armistizio dell’Italia con gli Alleati firmato a Cassibile il 3 settembre.
Ma i Tedeschi erano già a conoscenza della notizia da Radio Algeri almeno dalle 17.30 e infatti alle 18.00 Rommel attraversa il Brennero e alle 19 ha già occupato i centri nevralgici di Bolzano, importante nodo ferroviario dove poter spostare mezzi militari diretti a Verona, con le spalle coperte dalla stretta Valle dell’Adige. Inizialmente, i Tedeschi non credevano allo sbandamento totale dell’esercito italiano e volevano dilagare solo nella Valle Padana dove, sulle rive del Po e sulle valli dell’Appennino Tosco – Emiliano, fare quella che poi fu chiamata Linea Gotica ed era già prevista nei loro piani difensivi.

9 SETTEMBRE 1943:

Tutti i membri dello Stato Maggiore del Regio Esercito fuggono alle prime ore del giorno verso Chieti e Pescara con la famiglia reale e i membri dei ministri di Badoglio. I reali furono ospitati a Crecchio dai Duchi di Bovino. Gli altri alloggiavano a Chieti fra Palazzo Mezzanotte e l’Albergo Sole. La notte si imbarcheranno da Ortona verso Brindisi sulla cacciatorpediniera “La Baionetta” solo 57 persone però. A tal proposito, con l’ordine ore 5.15, il Capo di Stato Maggiore dell’esercito Roatta fugge da Roma dando disposizione al Corpo d’armata Motorizzato di lasciare la capitale e di spostarsi a Tivoli. Le restanti truppe italiane presenti nella Capitale venivano nel contempo affidate al comando del Generale Carboni. Si pensa da come si comportano i membri dello Stato Maggiore giunti a Chieti che in città si sarebbe installata la sede provvisoria del Governo Badoglio, poi qualcosa andò male nell’organizzazione e l’intero entourage governativo italiano fu costretto alla fuga notturna come dei ladri. Il dubbio su cosa erano venuti a fare a Roma i governativi resta. A tal proposito, nel libro di Angelo Meloni, “in Chieti città aperta, relazione storica pubblicata a Pescara nel 1947 con autografo di S.S. Pio XII” si apprende che “Alcuni ufficiali, appena scesi dalle macchine, prendevano contatto con la Questura per predisporre a Chieti gli alloggi occorrenti ad alcune personalità militari del Quartiere Generale delle Forze Armate”. Se avevano intenzione di fuggire a Brindisi, perché allora predisporre alloggi a Chieti?

10 SETTEMBRE 1943:

Dopo una resistenza solo formale il genero del Re d’Italia, il Generale Calvi di Bergolo consegnò la città ai Tedeschi emettendo il proclama in cui si affermava che chi non combatteva a fianco della Wehrmacht era un traditore della Patria. Solo da quel momento gli aeroporti furono veramente occupati dai Tedeschi. Intanto i sovrani e il governo italiano sono al sicuro verso Brindisi. Si parla, confermato anche dai soldati germanici presenti nella costruzione attigua di Palazzo Mezzanotte, come raccontato da un testimone diretto dei fatti, di un “lasciapassare” per i fuggiaschi firmato in cambio di cosa da Kesserling? Proprio per questo motivo è stato scritto un articolo su Agenzia Stampa Italia dove si parla di un ipotetico accordo Badoglio – Kesselring per la fuga, forse per la liberazione di Mussolini e per l’abbandono di Roma senza combattere troppo. Il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio e il Re d’Italia Vittorio Emanuele III evidentemente dopo l’annuncio senza preavviso dell’Armistizio senza condizioni firmato dagli Italiani a Cassibile il 3 settembre di quell’anno, non si fidano ciecamente degli Alleati e temevano altresì una rappresaglia dura da parte dei Tedeschi, altrimenti sarebbero andati in una zona d’Italia già occupata dagli anglo – americani!!! Su quella che era la reale situazione si espresse molto chiaramente il generale Zanussi (in Guerra e catastrofe d’Italia, II vol. pag.201) giunto anche a lui a Chieti con gli altri il 9 settembre 1943, disse ai colleghi “Fin qui è stata una fuga, da qui è un tradimento”.
Alle 2.00 del mattino del 10 settembre 1943 scattò il piano d’occupazione tedesco della città.di Chieti e subito fu fatta una retata per catturare tutti i collaborazionisti della fuga del sovrano e coloro che non volevano arruolarsi a combattere con i Tedeschi. Anche i duchi di Bovino che avevano ospitato la famiglia reale nel loro castello a Crecchio, furono colpiti duramente con l’incendio della loro dimora.

11 SETTEMBRE 1943:

Kesselring sceglie Chieti come suo comando generale per controllare dalle retrovie sia la liberazione di Mussolini sul Gran Sasso che avverrà il 12 settembre, sia le operazioni per creare la Linea Gustav per sbarrare il passo sul Sangro alle armate britanniche.

12 SETTEMBRE 1943:

Mussolini viene liberato a Campo Imperatore alle 14.00 grazie a una audace manovra del Capitano Skorzeny. Il generale Soleti delle forze di polizia italiana accompagna i tedeschi e intima (se ce ne fosse bisogno) agli uomini al comando dell’Ispettore Generale Gueli di non sparare. Nei giorni antecedenti, come confermato da più testimonianze dirette, Mussolini era depresso e pregava i suoi custodi di non consegnarlo agli anglo – americani che si sarebbero presi gioco di lui, esponendolo come un pagliaccio da circo al pubblico scherno. Aveva chiesto delle lamette per farla finita tagliandosi le vene, ma fu preso in tempo e chiedeva di essere ucciso purché non finisse nelle mani sbagliate. Ma per fortuna e gaudio del Duce (se si può dire così), furono i Tedeschi che arrivarono per primi e che, probabilmente, si accordarono con Badoglio per avere mano libera.
Non a caso, i Tedeschi nello stabile dietro Palazzo Mezzanotte che dominava sia il vallone che il cortile interno , non si scoprirono più di tanto, e parlarono di un lasciapassare firmato da Kesselring (altrimenti come avrebbero potuto superare almeno una ventina di posti di blocco tedeschi lungo il tragitto?). D’altronde, la Tiburtina – Valeria era la strada più strategica di tutto il Centro Italia, come dimostreranno gli eventi bellici dei successivi dieci mesi sulla Gustav.
A Piazza San Giustino e a Piazza Valignani il 9 settembre 1943, Badoglio aveva fatto affluire circa 10.000 fascisti che avevano fatto parte della Milizia delle Camice Nere, confluite nell’esercito regolare dopo che il PNF era stato sciolto. Erano stati chiamati solo per vigilare sulla sicurezza del Re d’Italia e del Maresciallo Badoglio con i loro accoliti? Oppure sapevano già della imminente liberazione di Mussolini?
Comunque sia l’aria era cambiata la mattina del 10 settembre e furono le stesse camice nere teatine agli organi di un gerarca locale soprannominato “Cascatella” a “ripulire” la piazza da coloro che non volevano continuare la guerra a fianco dell’alleato germanico. “Cascatella” (soprannome di U.F.) girava il centro della città in piedi su una macchina con le braccia ai fianchi imitando il Duce e ripeteva “lo avete voluto tradire?? Ora pagherete”. Gioco del trasformismo politico tutto italiano ha voluto che lo stesso Cascatella, era il comandante dei 10.000 fascisti di “provata fede”, la sera prima a disposizione dei badogliani, mentre la mattina era passato nelle fila pro Tedeschi. Il 25 luglio 1943, incredulo il Duce, le camicie nere non avevano mosso un dito per salvare Mussolini e il Fascismo, nonostante il giuramento di fedeltà, né fecero qualcosa a favore del Re e di Badoglio il 10 settembre, anzi appoggiarono subito i Tedeschi che annunciarono la imminente liberazione di Mussolini sul Gran Sasso.
Cascatella era in stretto contatto con i comandi tedeschi e fece arrestare, deportare e condannare a morte vari concittadini renitenti alla leva o collaborazionisti dei partigiani. Per questo pagò dopo la liberazione della città con un terribile linciaggio pubblico lungo Corso Marrucino a Chieti, dove venne bloccato su una barella e riempito di calci, pugni sputi e tanto altro. Il popolo cantava, dicono le testimonianze dirette “Con la pelle di Cascatelle ci fareme la murtadelle”, oppure i partigiani “Con la pelle di Cascatelle ci fareme li tamburelle”. Nulla di tutto ciò accadde, ma Cascatella rimase claudicante per tutto il resto della sua vita a seguito del linciaggio subito e girava per Chieti Centro fino ai primi anni Ottanta con cappello di paglia, pantaloni chiari classici, e spesso litigava con i presenti che gli rinfacciano il triste passato; sovente era intento a discutere animosamente sotto i portici di Corso Marrucino, in Piazza San Giustino, Piazza Valignani, alla Trinità o alla Villa Comunale. Finì nel dopoguerra a fare il muratore per la Ditta Cucullo e i colleghi di lavoro gli cantavano scherzosamente “Ecco Cascatella della banda acchiapparelle, uje fatije nge Cuculle e sulleve le callarelle”. Da anziano chi lo conobbe disse che lui era convinto, e lo ripeteva spesso che dietro l’omicidio di Aldo Moro, ci fossero alcuni compagni di Partito dello statista democristiano. Era Cascatella una persona dotata si una buona cultura politica, una persona Cascatella che aveva due figli, uno che viveva a Chieti e uno in Germania, viveva in Via Papa Giovanni XXIII continuazione urbana teatina della Strada Marrucina che va verso i paesi della Maiella teatina. Cascatella era nato in Argentina.

DOPO IL 12 SETTEMBRE 1943

Pochi giorni dopo, venne a Chieti il tenente colonnello Caruso (poi giustiziato a Roma come collaborazionista dei Tedeschi e carceriere di Regina Coeli) con alcuni ufficiali germanici e un drappello di soldati che impugnavano i mitragliatori. Fecero irruzione nelle banche, nelle oreficerie per fare un rastrellamento di soldi e preziosi per evitare che queste ricchezze cadessero nelle mani degli anglo-americani.

26 SETTEMBRE 1943:

Issata la n il coprifuoco inizialmente alle 18.00 e successivamente alle 17.00 con gravi ripercussioni sulla vita cittadina.. Appena calava l’oscurità iniziavano intensi mitragliamenti contro la città e il lancio di alcune bombe che facevano vittime. Proprio nel 1943 si ricorda la storia di Elda Tarantelli in Di Pasquale che vedova del marito Rocco Di Pasquale, ufficiale caduto sul fronte albanese, salvò facendo scudo col suo corpo sua figlia Maria durante un mitragliamento degli Alleati. Segni di questi colpi ci sono ad esempio sopra alcuni edifici di Via De Lollis, e sull’antico mulino alla Pietragrossa che fino a pochi decenni fa era la casa dei padroni di una ditta locale di bevande.

La Cattedrale di San Giustino colpita dalle bombe
Angoli di Chieti danneggiati dai bombardamenfi

27 OTTOBRE 1943:

La autorità della Repubblica Sociale Italiana avevano fatto affiggere manifesti per la chiamata alle armi delle classi 1923 – 1924 – 1925 e di tutti gli uomini abili al lavoro che erano a casa. Un altro manifesto avvertiva che in caso di non presentazione davanti le autorità competenti per l’arruolamento, i renitenti sarebbero stati passati per le armi. Fu proprio il suddetto Cascatella che avendo nella sede del Fascio (vicino Palazzo d’Achille, storica sede del Comune di Chieti dove c’era il Podestà Alberto Gasbarri) tutte le tessere dei cittadini, a fornire ai Tedeschi i dati dei disertori che spesso vennero passati per le armi, torturati, pestati, imprigionati e/ o deportati. Diverso fu il comportamento del Podestà Alberto Gasbarri, altro fascista di “provata fede”, era un patriota italiano e teatino e salvò molte persone innocenti coprendole o chiedendo clemenza alle autorità tedesche che spesso acconsentivano alla grazia.

4 NOVEMBRE 1943:

La città di Chieti fin dai primi di settembre aveva alcuni profughi provenienti da Pescara dopo il feroce bombardamento alleato del 30 agosto 1943, d’altronde già nella Prima Guerra Mondiale, il Capoluogo Marrucino aveva ospitato alcune migliaia di profughi da Venezia. Ma quello che avvenne in quei giorni di novembre – dicembre del 1943 non é mai avvenuto in nessuna città italiana (e forse europea) nella Seconda Guerra Mondiale, allorché il centro di Chieti (che all’epoca contava 30 mila persone con già una altissima densità abitativa per i canoni odierni) si riempì di 100 mila sfollati da Foggia, dal Molise, e dalle Provincia di Chieti e Pescara, dove le popolazioni erano state costrette ad abbandonare i propri affetti per giungere a Chieti dove alloggiavano, ridotti come brandelli umani (feriti nel corpo e nello spirito) sotto i portici del Corso, di Palazzo Mezzanotte, sulle scale della cattedrale e in tante altre parti, a tal punto che il pane rischiava di non bastare per.tutti, ma il Podestà Gasbarri non esitò di chiedere ai più ricchi della città di fare delle donazioni e ai negozi di generi alimentari di cercare di fare uno sforzo per accontentare tutti. Fu un momento veramente drammatico e la popolazione soffrì molto. A un certo punto fu impossibile accogliere altri profughi perché le infrastrutture teatine erano allo stremo e si temeva addirittura una epidemia. Fu una decisione necessaria ma difficile da prender che non offusca la Medaglia d’Oro al Valor Civile conferita al Comune di Chieti.

18 DICEMBRE 1943

La parola d’ordine dei Tedeschi era “Chieti Kaput”. Era stato dato dal Comando della Wermacht l’ordine di sgombero generale di tutti gli abitanti residenti e ospiti – profughi di guerra (tra gli sfollati c’era anche il piccolo Renzo Arbore che divenne un cantante famoso nel dopoguerra). Ma, poi per fortuna il comando germanico desistì da questo intento. Nella prossima puntata vedremo cosa accadde.

Cristiano Vignali – Tila Lara