Chieti: 8 e 9 settembre 1943

Storiologia.it (tratto da)

(DAM) Chieti – La città di Chieti nel corso del Novecento più volte é entrata nella grande storia d’Italia dalla porta principale, anche se l’importanza storica recente del capoluogo Marrucino é più volta stata inspiegabilmente censurata da molti storici.
Uno degli episodi sui quali la storiografia ufficiale ha celato il ruolo centrale della città di Chieti, é quello della fuga della famiglia reale, del Governo Badoglio e dello Stato Maggiore dell’esercito italiano all’alba del 9 settembre 1943 da Roma verso l’Abruzzo (Chieti, Pescara, Crecchio e Ortona).
Sulla vicenda non é stata fatta ancora completa chiarezza, anche perché non solo mancano molti documenti ufficiali, ma, anche perché essendo avvenuti i fatti in un’epoca in cui non c’erano ancora i telefonini e le fotocamere digitali, non ci sono pressoché prove oggettive e, quelle soggettive, come le testimonianze rilasciate sulla vicenda, sono tutte parzialmente lacunose e discordanti. A tutt’oggi ormai i testimoni diretti sono pressoché scomparsi e dobbiamo affidarci alle poche fonti inedite che ci restano
Pertanto, basandoci su alcune testimonianze lasciateci da persone viventi all’epoca, proveremo a fare luce su cosa é avvenuto in quei giorni in cui dopo la sconfitta militare, la monarchia sabauda e la classe dirigente post risorgimentale si macchiarono della sconfitta politica e morale, lasciando l’esercito senza una guida e la Patria, l’Italia e gli Italiani senza più uno Stato, in balia degli eserciti stranieri che combattevano lungo lo Stivale del Belpaese. Ma, qui di seguito mi limiterò a narrare semplicemente in breve cosa successe fra Chieti, Pescara, Crecchio ed Ortona in quelle frenetiche e drammatiche ore che segnarono le sorti dell’Italia.
Per quanto riguarda la fuga in Abruzzo c’è da dire che il Re e la famiglia reale aspettarono la partenza del cacciatorpediniere “Baionetta” che da Ancona gli avrebbe condotti a Brindisi, a Crecchio nel castello dei Duchi di Bovino, mentre Badoglio prese la via di Pescara per aspettare la nave chiamata dall’Ammiraglio De Courten. Sorte diversa fu per lo Stato Maggiore dell’esercito che aspettò a Chieti fra Palazzo Mezzanotte nella Piazza Grande di fronte la Cattedrale di San Giustino e lo storico Albergo Sole che si affacciava su Piazza Valignani, dove c’è il Teatro Marrucino, vicino la Questura, la Provincia e la Prefettura.
di Chieti.
Nella tarda mattina del 9 settembre 1943, lo Stato Maggiore dell’esercito, nella meraviglia dei Teatini, giunse a Chieti in Piazza Valignani e in Piazza Grande (San Giustino), mentre migliaia di ex appartenenti alla Milizia ex Fascista (Badoglio aveva sciolto il Partito Nazionale Fascista il 28 luglio 1943) si radunarono nel capoluogo marrucino per la difesa delle autorità governative presenti. In città si era sparsa la voce sotto i portici di Corso Marrucino che Chieti sarebbe stata la sede provvisoria del nuovo governo Badoglio e che la famiglia Savoia si sarebbe invece stabilità a Crecchio. Chieti si prestava benissimo a questo ruolo, sia per la sua posizione geografica ( su una collina che domina le valli del Pescara e dell’ Alento, raccordo fra l’Adriatica e la Tiburtina – Valeria che collega Roma a Pescara, crocevia fra nord e sud della Penisola), sia per la presenza di numerose truppe per la difesa della città, sia perché era una delle città più fedeli alla monarchia e allo status – quo in genere come si é visto sia durante il “Ventennio” col Processo Matteotti, sia con il referendum sulla forma istituzionale monarchia – repubblica, dove per la monarchia votò quasi il 70% degli aventi diritto al voto.
Il Re, nella mattina del 9 settembre 1943, non giunse subito a Chieti, ma ci tornò dopo il pranzo a casa del Marchese di Bovino a Crecchio, dove, secondo la testimonianza diretta raccolta da un reduce ospite nel 2007 in una casa di riposo di Civitella del Tronto, ispezionò le truppe presenti nelle caserme cittadine. Questo signore, all’epoca 92enne ma lucidissimo, disse che nel settembre 1943 era in servizio come militare a Chieti e il Re venne in caserma per ispezionare le truppe al distretto militare (??? La Caserma Spinucci o nella Pierantoni???? O andò in tutte le caserme cittadine???).
Da Chieti, il sovrano si recò col Principe Umberto al campo d’aviazione (l’attuale aeroporto a San Giovanni Teatino) dove era presente anche il Maresciallo Badoglio. Qui affluirono una cinquantina di aeroplani che si aggiunsero ai cinquanta già presenti. Alcuni ufficiali chiesero al Principe Umberto di tornare a Roma, o comunque sia di non fuggire a Brindisi, ma sia il Maresciallo Badoglio che il Re padre, Vittorio Emanuele III, gli ordinarono di partire con loro. Qualcosa andò storto e si decise di fuggire dall’Abruzzo verso Brindisi, non in aereo, troppo pericoloso, ma in nave che sarebbe arrivata a notte fonda sulle coste abruzzesi (arrivò verso le 11.00 a Pescara e intorno alle 00.00 ad Ortona).
Quando Roatta arrivò in serata a Chieti presso Palazzo Mezzanotte, dove sperava di trovare il Re, diede ai presenti della Corte, del Governo e dello Stato Maggiore dell’Esercito italiano, la notizia della imminente resa di Roma alla Wermacht, della discesa dei Tedeschi in massa in Italia e del fatto che bisognava in fretta e furia raggiungere Ortona, dove una nave con pochi posti avrebbe condotto la famiglia reale italiana e compagnia cantando sulla “Baionetta” che gli avrebbe condotti al sicuro, senza incontrare nessun posto di blocco tedesco che opponesse resistenza. La “Baionetta” era una cacciatorpediniere, una nave adatta alla scorta anche di navigli più grandi, in grado di difendersi efficacemente anche da attacchi aerei.
I Tedeschi arrivarono a Chieti alle 2 di notte del 10 settembre 1943, occupando Palazzo Mezzanotte dove misero il quartier generale. Intanto i reparti della Milizia fedeli al Re il 9 settembre, il 10 erano passati in massa con i Tedeschi in vista dell’annunciata liberazione imminente di Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso.
La Milizia era passata con Badoglio e il Re dopo l’arresto di Mussolini e lo scioglimento del PNF e ora, con l’arrivo dei Tedeschi e la imminente liberazione dalla prigionia di Campo Imperatore del Duce, erano tornati fedeli all’alleanza con il Terzo Reich e chi non era d’accordo veniva disarmato e deportato. Salto della quaglia, anzi doppio salta della quaglia. Anche questi erano gli Italiani!
La cosa strana é l’atteggiamento dei membri dello Stato Maggiore e della Corte Reale Sabauda che furono presi dal panico quando seppero del trasferimento in nave imminente che non permetteva la partenza di tutti (alla fine di imbarcarono 57 persone verso Brindisi).

Molti storici si chiedono, a tal proposito, se lo Stato Maggiore dell’esercito si era trasferito a Chieti e se, non era prevista una via di fuga per.tutti (molti rimasero a piedi alla mercé dei Tedeschi i giorni ) a che gioco d’azzardo stavano giocando il Re e Badoglio, in accordo a momenti col vecchio “amico” tedesco, altre volte col cobelligerante anglo – americano?
Forse Badoglio credeva che Roma non fosse caduta così facilmenre? Che gli anglo – americani sbarcassero vicino Roma e non a Salerno? O forse c’è stato un accordo preventivo Kesselring – Badoglio? Le fonti sono discordanti.
D’altronde la cosa che appare ambigua, non presente in nessun libro di storia ufficiale, ma testimonianta da alcuni abitanti di Chieti dell’epoca, é che nel Palazzo Mezzanotte già da alcuni giorni i Tedeschi avevano messo un ponte radio che poi servirà a coordinare l’ “Operazione Quercia” per la liberazione di Mussolini sul Gran Sasso che non sarebbe stata possibile senza la collaborazione della polizia italiana (il Generale Soleti andò in aereo con i Tedeschi all’Hotel di Campo Imperatore e ordinò ai militi italiani di non sparare e di rilasciare il Duce sano e salvo). Da Palazzo Mezzanotte in Piazza Grande a Chieti il comando tedesco coordinò anche le operazioni militari sulla Linea Gustav. In Piazza Grande, a Palazzo Mezzanotte passarono altri importanti personaggi storici della Seconda Guerra Mondiale come Kesselring e Rommel. I Tedeschi presenti, dopo la fuga dei generali, dei ministri e della famiglia reale italiana senza incontrare resistenza da parte dei Tedeschi, parlarono di un mai confermato “lasciapassare” (???) firmato da Kesselring, ma questa é un’altra storia, qua ci siamo limitati a trattare del ruolo strategico di Chieti fra il 9 e il 10 settembre 1943 nella Seconda Guerra Mondiale che purtroppo é sempre stato poco valorizzato nei libri di storia.

Cristiano Vignali – Tila Lara