Mafalda di Savoia a Chieti in Piazza Umberto I dal 12 al 21 settembre 1943. 

La principessa Mafalda di Savoia a Chieti, ha soggiornato a Palazzo Massangioli in Piazza Umberto I dal 12 al 21 settembre 1943, prima del martirio nei lager.

S.A.R. Principessa Mafalda di Savoia

(DAM) Chieti – A Chieti ogni angolo della città profuma di storia e se ogni pietra del nobile centro storico del capoluogo marrucino potesse parlare, sicuramente chissà quante cose avrebbe da dirci che la storia ha spesso dimenticato, magari per motivi politici ed economici che, vogliono fare perdere alla cittadinanza il suo spirito di appartenenza, il suo orgoglio, la sua identità.

 Uno di questi luoghi magici, è sicuramente, Piazza Umberto I, dietro l’ex Banca d’Italia, la Questura e la Prefettura di Chieti, dove, sulla facciata di Palazzo Massangioli, campeggia una lapide in ricordo e onore della Principessa Mafalda di Savoia, secondogenita del Re e Imperatore Vittorio Emanuele III,  Langravia d’Assia – Kassel (in quanto consorte del Principe Filippo d’Assia – Kassel, nipote del Kaiser Guglielmo II di Germania) che, nel settembre 1943, pochi giorni dopo l’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre fra l’Italia e gli Alleati, alloggiò in questo palazzo nobiliare nel centro di Chieti, esattamente dal 12 al 20 settembre, di ritorno in Italia da Sofia (dove era stata  al funerale dello Zar Boris III di Bulgaria, consorte della sorella, la Zarina Giovanna di Savoia),  prima di essere deportata nel campo di concentramento di Buchenwald in Germania, dove arrivò il 18 ottobre 1943. 

Sulla figura della Principessa Mafalda di Savoia ho reso una bella descrizione nell’articolo già pubblicato su Agenzia Stampa Italia il 2 febbraio 2023 dal titolo: “Mafalda di Savoia, nel settembre 43 a Chieti prima del suo martirio a Buchenwald”:

“La Principessa Mafalda, – ho scritto – della quale ho ammirato la sua fine e nobile bellezza nelle foto su internet, aveva virtù umane e caratteriali tipiche di una nobildonna d’Ancien Regime quali contegno, controllo delle emozioni, senso dell’onore e dignità anche davanti alle situazioni più difficili, tragiche ed umilianti che ha vissuto sulla sua pelle, una certa umanità verso i più bisognosi che hanno fatto di lei nel dopoguerra, in Tv e sulla stampa, l’eroina romantica di altri tempi che si scontra con le  brutture, le barbarie e la cinica violenza della modernità nel “secolo breve”, il Novecento”. 

La Principessa Mafalda – ho continuato – era una ragazza ligia alle rigide regole di corte e della alta società dell’epoca, in gioventù affascinata dalle personalità forti, autoritarie e volitive come Mussolini prima e Hitler dopo, quando sposata si trasferì in Germania nel 1925, convolata a nozze col Principe Filippo d’Assia”. 

Mafalda, andò incontro al suo destino pressoché inconsapevolmente, d’altronde suo padre era Re d’Italia ed Albania ed Imperatore d’Etiopia, moglie del Principe Filippo, nipote di quello che fu il “Kaiser” di Germania, alto ufficiale dell’esercito tedesco e governatore per conto del Terzo Reich dell’Assia – Nassau, perciò non si aspettava assolutamente di essere convocata con una scusa nell’ambasciata tedesca a Roma e arrestata “e deportata – scrivo su ASI – prima nel campo di raccolta di Bolzano e poi nel lager di Buchenwald baracca n.15 dove era prigioniera sotto false generalità (Frau Von Weber) insieme ad altri prigionieri politici di alto rango  e col privilegio di poter avere lo stesso trattamento degli ufficiali tedeschi del campo e con una dama di compagnia, la Testimone di Geova Maria Ruhnau, scelta perché quelli che all’epoca erano chiamati in Germania “Setta dei Cercatori della Bibbia”, avevano il dovere religioso di dire sempre la verità e quindi, se interrogata avrebbe spifferato ogni eventuale segreto della principessa, ma avevano anche il fermo principio assoluto della non violenza che rendeva i Testimoni non allineati al Nazionalsocialismo e, dunque deportati o assassinati come prigionieri politici”. 

La Principessa Mafalda di Savoia fa appena in tempo a tornare in Italia, dove si ferma a Chieti, perché gli avevano detto che, Casa Savoia con la corte e tutti i ministri del Governo Badoglio e gli altri ufficiali dello stato maggiore dell’esercito italiano, si erano rifugiati nel capoluogo teatino; ma la Principessa Mafalda non trova nessuno a Chieti ( i Reali erano andati a Brindisi) e sicura della sua posizione anche verso i Tedeschi (non poteva immaginare che anche suo marito era stato arrestato, sospettato di tradimento, e deportato nel campo di concentramento di Flossenbürg in quanto imparentato con i Savoia dopo l’armistizio dell’Italia con gli Alleati dell’8 settembre 1943),  torna a Roma dove fa appena in tempo a riabbracciare i suoi figli lasciati al sicuro in Vaticano dai nonni, prima di andare inesorabilmente incontro al suo tragico destino. Il 23 settembre sarà chiamata nell’Ambasciata del Terzo Reich con la scusa di una telefonata di suo marito, in realtà per essere anche lei arrestata e deportata.

Sulla drammatica fine della Principessa Mafalda di Savoia ho scritto sempre su Agenzia Stampa Italia nel suddetto articolo:”Se la cinica e cieca violenza delle ideologie politiche totalitarie del Novecento hanno spazzato via sul moderno altare del totalitarismo la morale, il credo religioso e le minoranze etniche, linguistiche e razziali, attentando alla loro sopravvivenza nella storia d’Europa, lo stesso hanno fatto con i valori cavallereschi della nobiltà d’Ancien Regime, profondamente e spesso mortalmente ferita, come dimostra il martirio di Mafalda di Savoia (morta a seguito dei postumi delle ferite di un bombardamento aereo degli Alleati che ha colpito il campo di prigionia di Buchenwald e di una conseguente operazione chirurgica salvavita mal riuscita il 28 agosto 1944), ma anche di tante altre anonime vittime innocenti”. 
Sul soggiorno di Mafalda di Savoia a Chieti, la storia ufficiale pressoché tace, solo poche righe su alcuni libri di storia e una targa sul muro di Palazzo Massangioli lo ricorda, ma anche questo fa parte della storia d’Italia, dove Chieti ha svolto e deve continuare a svolgere un ruolo importante, degno del suo passato, senza snaturare, ma valorizzando la sua natura di antica città, di agorà, nobile salotto culturale per tutto l’Abruzzo e l’area del centro Adriatico. 
Cristiano Vignali – Direttore di Discovery Abruzzo Magazine

Palazzo Massangioli in Piazza Umberto I a Chieti dove alloggiò la Principessa Mafalda di Savoia con a fianco la lapide in suo ricordo.

La lastra in memoria della Principessa Mafalda a Chieti, con caratteri scritti in rilievo, realizzata in marmo bianco, rettangolare con gli angoli tondeggianti impreziositi da una borchia d’ottone.