La transumanza in Abruzzo ieri, oggi e domani

(DAM) Abruzzo – La storia della transumanza affonda le sue radici nel terzo secolo a.C in buona parte dell’Europa meridionale. Nel nostro Paese questa pratica ebbe il suo inizio in Abruzzo, Molise e Puglia con estensioni verso il Gargano e le Murge.
“Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: che verde è come i pascoli dei monti”. Così raccontava il poeta vate Gabriele d’Annunzio, nei primi anni del secolo scorso, il percorso dalla montagna alla pianura di centinaia di mandriani abruzzesi e dei loro greggi che, nella dolce malinconia dell’autunno, si mettevano in cammino dai pascoli del Gran Sasso e della Maiella verso Foggia ed il Tavoliere delle Puglie per garantire al branco cibo abbondante e clima temperato per tutto l’anno. L’allevamento ovino ha da sempre rivestito un ruolo determinante per l’economia delle popolazioni abruzzesi e la possibilità di servirsi delle vaste superfici pugliesi per la pastura determinò un’organizzazione attiva per secoli anche a livello culturale, con scambi e rapporti tra i due territori.
Il tragitto dei transumanti, di origine antichissima, avveniva lungo una serie di ampi sentieri erbosi, detti tratturi, che attraversavano vallate, borghi e piccoli centri, citati spesso da Cicerone e Varrone (calles o viae publicae) in epoca romana. Nel corso del tempo questi ultimi si articolarono in un’immensa rete stradale e attorno ad essi sorsero numerosi punti di sosta come abbeveratoi, cappelle, taverne che permettevano ai viaggiatori di riposarsi e “spezzare” il lungo e faticoso itinerario. La vita dei pastori era molto difficoltosa, irta di pericoli e caratterizzata da privazioni e stenti; il cibo scarseggiava ed erano spesso costretti a ripararsi in grotte anguste per sfuggire al buio e alle intemperie. Negli anni del brigantaggio, inoltre, essi vivevano nel terrore di essere assaliti e derubati del bestiame e, per questo motivo, si narra che dormissero “con un occhio solo”, proprio per vigilare su se stessi e sulle pecore. I mandriani partivano insieme ai figli maschi affinché, fin da piccoli, imparassero il mestiere, lontani dalle famiglie e dalle comodità delle proprie case per lunghi mesi mentre le mogli custodivano la casa.
Ad oggi sono rimasti ben pochi pastori in Abruzzo perché sempre meno persone decidono di intraprendere questo tipo di attività sacrificata e piena di rinunce e la transumanza, intesa come migrazione degli ovini dall’Abruzzo alla Puglia, non esiste quasi più. Essa ha, infatti, ceduto il passo alla modernità e lo spostamento del bestiame avviene dalle aree poste alle quote basse agli altipiani montani nel periodo primaverile-estivo mediante mezzi di trasporto moderni (sembra, infatti, che l’ultimo spostamento a piedi di pastori con le greggi risalga ai primi degli anni settanta). I tratturi sono diventati percorsi di trekking molto apprezzati dagli escursionisti e per chi desidera rivivere questa usanza millenaria lungo sentieri suggestivi e panoramici. Ad ogni modo la storia continua a rivivere grazie a una rinnovata sensibilità verso il passato che sta coinvolgendo sempre più numerose associazioni e istituzioni, affinché queste testimonianze non cadano nell’oblio insieme al loro patrimonio storico e culturale. La transumanza, oltre a costituire una fitta occasione di contatto e di scambi commerciali, ha ispirato nei secoli scrittori e poeti e ha dato principio alla figura dei “poeti-pastori”, depositari del “canto a braccio”, il poema in ottava rima, generato dalla lettura dei grandi classici e dei poemi ispirati alle leggende locali durante le lunghe attese a guardia del gregge.

Maria D’Argento – Discovery Abruzzo Magazine

Fonti:

“Transumanza in Abruzzo. la via dei tratturi”. Strada dei Parchi.

“Transumanza. Quell’antica tradizione che lega l’Abruzzo alla Puglia”. Virtù Quotidiane.

“Abruzzo. Tradizioni e genti da scoprire”. A cura di Vincenzo Battista.