Eleonora Duse, l’eterna musa ispiratrice di Gabriele d’Annunzio

(DAM) Pescara – Già da quando Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse si incontrarono all’Hotel Danieli a Venezia nel 1894, già sapevano che la loro storia d’amore sarebbe stata difficile. 

I due, che erano entrambi artisti, lui poeta e letterato, lei attrice teatrale, con Gabriele incline a “collezionare amanti” ed Eleonora ad intrecciare relazioni sfortunate, hanno espresso in 9 anni di relazione lettere nelle quali si esprimevano non solo sentimenti e devozione, ma anche gelosie, schermaglie e crudeltà. Per volontà dell’attrice centinaia di missive andarono distrutte alla fine della loro relazione. 

I due erano sempre in giro per il mondo, protagonisti delle cronache mondane e si inseguivano tra teatri ed alberghi: lui con i suoi drammi da rappresentare sul palcoscenico, anche per pagare i tanti creditori, lei soddisfatta dall’avere una specie di “artista servente”, un autore tutto per sé allo scopo di contrastare i successi internazionali della eterna rivale Sarah Bernhardt.

 Il loro rapporto insano, ma molto passionale, è stato immortalato dalla letteratura. Proprio ad Eleonora Duse infatti, è dedicata la poesia più famosa di Gabriele d’Annunzio “La Pioggia nel Pineto”, scritta in Versilia a Marina di Pisa.

Dietro la figura di Eleonora Duse, le sue movenze teatrali e i suoi capelli lunghi e ondulati, si celava il personaggio enigmatico di Ermione, una creatura quasi mitologica simile a una ninfa silvana. 

Affinché tutto il mondo conoscesse il fascino della “Divina”, Gabriele d’Annunzio le diede appunto il nome di una dea, che era la bellissima figlia di Elena di Sparta. 

La scintilla fra i due scoccò quando Gabriele le dedicò un passo delle sue “Elegie Romane” nel 1882 e le spedì una copia speciale con la scritta sul frontespizio: “Alla Divina Eleonora”.

 Il teatro del loro amore tormentato fu Venezia. 

La relazione con la Divina aiutò sicuramente la carriera del poeta, ma sembra ingiusto ed eccessivo etichettare tale amore dettato da interessi: Gabriele che la inseguiva e “venerava” da più di 10 anni, nonostante tutti i rifiuti, non si arrese mai, e continuava a considerarla una musa ispiratrice.

 La sua cultura affascinava a sua volta l’attrice tantoché lei decise di finanziare le produzioni teatrali del Vate di tasca propria e di interpretarla in prima persone.  

Il feeling amoroso fra i due, si tradusse anche in una unione letteraria che portò pubblicità e successo ad entrambi; in quel periodo la coppia viveva un momento di estasi creativa: di comune accordo, i due avevano intenzione di rinnovare il vecchio repertorio teatrale italiano in un modo poetico. 

Eleonora Duse, grazie al genio di D’Annunzio, aveva la possibilità di abbandonare i ruoli vecchi e usurati che ormai le stavano stretti e di interpretare personaggi nuovi, e vedeva nella penna del poeta un’opportunità che aveva cercato a lungo. Due personaggi che interpretò per lui furono “La Gioconda” e “Francesca Da Rimini”.

 Mentre crescevano i successi, diminuiva però l’intesa tra i due amanti. Lo smacco peggiore fu quando il poeta le preferì Sarah Bernhardt.

 Il loro rapporto non era più la passione incendiaria di un tempo, ma si era compromesso, e il sodalizio tra i due, fra risentimenti e ripicche, continuava, tormentando l’anima di entrambi. 

Questa relazione tormentata si chiuse però dopo nove anni , quando Eleonora, stanca di essere tradita continuamente, si rifiutò di produrre il dramma di d’Annunzio “La figlia di Iorio”. Ciò fu vissuto dal poeta come un affronto e, in tutta risposta, per la parte della protagonista impegnò l’attrice Irma Gramatica, nove anni più giovane della Duse. A quel punto, lei gli scrisse un’ultima lettera, in cui lo chiamava “figlio”, che dice tanto sulla tossicità effettiva di quel rapporto, nel cui finale gettò anche una maledizione contro di lui: “ti auguro oblio nell’arte”, come scriveva in una sorta di “damnatio memoriae”. 

Il Vate dedicò alla ormai ex amante un romanzo terribile “Il fuoco”, in cui non solo parlava senza veli del loro rapporto ma sottolineava persino i difetti fisici dell’attrice. Un’opera letteraria che dunque annientava il “libro galeotto” che era stato la scintilla del loro amore.

 Il loro ultimo incontro ci fu nel 1922. Ormai D’Annunzio era celebre e aveva la speranza che Eleonora Duse potesse perdonargli quelli da lui definiti “errori giovanili”.

 Lei però accettò di vederlo, ma non la riconciliazione. Ma, d’Annunzio continuò a considerarla la sua musa eterna e pianse la sua morte scrivendo nel 1924: “È morta colei che non meritai”. 

Quando pensava alla Duse, il rimorso e il rimpianto avvelenavano il Vate. 

Ma la letteratura certamente non basta a risarcire le offese della vita. Come scrisse ne “La pioggia nel pineto”, è la “favola bella che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione”.

Tra il 1896 e il 1897, il “nido d’amore” tra Gabriele ed Eleonora é in Toscana, fra Marina di Pisa in Versilia e la Collina di Setignano a Firenze. 

In virtù dell’amore di d’Annunzio per la Duse, la Toscana diventa uno dei luoghi che più hanno ispirato il poeta abruzzese. Marina di Pisa viene soprannominata dal Vate “la dorata”, come di un eden, un gioiello di arte, cultura e bellezze naturali, in opere come “Alcyone”, “Elettra”, “Notturno”, “Forse che sì forse che no”. Nei soggiorni pisani, Gabriele d’Annunzio ed Eleonora Duse, infatti, si appartavano nella Villa Peratoner, ribattezzata da lui Villa delle Tempeste, situata vicino alla foce del fiume.

Nell’estate del 1897, il sommo poeta affitta a Settignano, sulle colline fiorentine, un’antica villa nobiliare, la “Capponcina, una delle sue dimore leggendarie dove vivrà come un principe rinascimentale tra cavalli, cani, oggetti e mobili di valore.  Eleonora Duse va a vivere in un villino vicino denominato “La Portiuncula”. La vita nell’eden toscano va avanti finché lui non segue lei in Egitto e le dedica l’opera la “Gioconda”. 

Soggiornando in questi luoghi, e immedesimandosi in Gabriele e/o in Eleonora, si può, in alcuni ambienti rimasti integri dal tempo, immaginare di vedere lui che cammina con lei mano nella mano, dedicandogli i suoi versi più belli. 

Veronica Tieri –  Cristiano Vignali