Civitella del Tronto: l’assedio del 1860 -1861

Premessa 

(DAM) Civitella del Tronto (Te) – Di seguito racconteremo in breve la storia dell”assedio della Fortezza di Civitella del Tronto dell’Ottobre 1860 – 20 Marzo 1861, una storia da pochi conosciuta.

Fra luci e ombre, il neonato Regno d’Italia viene proclamata a Torino il 17 marzo 1861.

L’Unità d’Italia venne proclamata quando si combatteva ancora nella fortezza di Civitella del Tronto, dove la guarnigione borbonica si scontrava con i garibaldini prima, e i soldati regolari dell’esercito dei Savoia poi, dall’ottobre 1860. 

La fortezza si arrese solo il 20 marzo 1861 e venne occupata dalle forze sabaude solo il 22 marzo 1861. L’occupazione militare della fortezza da parte dell’esercito di Vittorio Emanuele II di Savoia è stata accolta da 21 colpi di cannone in aria.  Il successivo 25 marzo la fortezza di Civitella del Tronto è stata minata e fatta saltare in aria dall’interno per impedire alle forze lealiste filo borboniche di riutilizzarla. 

Così, quella che è considerata attualmente una delle più imponenti opere dell’ingegneria militare rinascimentale ancora esistente, sorta su un castello medievale, è caduta nel dimenticatoio della storia per oltre cento anni, insieme ai difensori che riposano lì, finché tra il 1975 e il 1985, è stata pressoché totalmente ricostruita, compresa la Chiesa di San Giacomo che ha subito però qualche modifica dalla pianta originaria, e tranne il palazzo del governatore di cui restano a tutt’oggi solo le rovine. Oggi nella fortezza, è possibile anche visitare un museo delle armi e delle mappe, dove, tra le altre cose, si può ammirare una colubrina seicentesca che ha partecipato all’assedio del 1860 – 1861.

Introduzione 

Vorrei qui brevemente fare conoscere la storia della Fortezza di Civitella del Tronto e, in particolar modo quella dell’ultimo assedio,  per rendere onore e giustizia alla storia del Regno delle Due Sicilie, uno Stato autoctono, nel 1860 totalmente indipendente dallo straniero, e dei suoi soldati e civili, Italiani come noi che hanno lottato contro l’annessione al Regno dei Savoia (perché di annessione si tratta piuttosto che di unione), opponendosi alla furia e alla violenza sopraffatrice di chi ammantandosi dietro ai nobili valori dell’Unità d’Italia ha massacrato altri “Fratelli d’Italia”, come i tanti avventurieri e fuorilegge che hanno cercato fortuna fra i Garibaldini e chi fra soldati, ufficiali e funzionari del neonato Regno d’Italia, si è comportato come un vero e proprio invasore ed occupante, con avido spirito di rapina. 

I soldati di Civitella del Tronto, come quelli sul Volturno, sul Garigliano, a Gaeta e a Messina, rimasero fedeli al giuramento al Re e alla patria duesiciliana, nonostante la propaganda della stampa internazionale liberale che faceva sentire come antiquata e sorpassata dalla storia l’identità nazionale tradizionalista fondata sul binomio “per il trono” e “per l’altare’, e ovviamente la corruzione dell’oro inglese, sirene irresistibili soprattutto per i generali e gli alti funzionari del regno del sud; non a caso fu soprattutto la truppa, gli ufficiali di basso grado e i sottufficiali che si opposero come e dove poterono alle forze sabaude, sia resistendo sul campo di battaglia, sia dandosi alla macchia col brigantaggio, nel corso di una guerra civile italiana, durata circa un decennio, almeno fino alla occupazione di Roma da parte dei bersaglieri (Breccia di Porta Pia, 20 settembre 1870) e al conseguente scioglimento del governo duesiciliano in esilio nella città eterna. 

Col definitivo trasferimento della capitale d’Italia da Firenze a Roma nel luglio 1871, la storia dell’Italia unita finisce di essere la storia di una parte del Paese che schiaccia, sopraffae l’altra, per diventare la continuità  ideologica della Romanitas. 

Diario – cronaca degli avvenimenti dell’assedio della Fortezza di Civitella del Tronto del 1860/61

Marzo – Giugno 1860

Nella primavera del 1860, la vita trascorreva serenamente a Civitella del Tronto come sempre, anche se c’era un certo via vai di truppe, più clienti nelle locande, e lavori nella fortezza per rinforzarla e ripararla, dopo che nel maggio 1860 c’era stata l’invasione garibaldina della Sicilia e si temeva un possibile attacco da Nord, 

D’altronde, per secoli, la fortezza di Civitella è stata la sentinella della frontiera napoletana con i territori della Chiesa, anche se nel 1860 la sua importanza strategica era un po’ passata in secondo piano per la costruzione della strada adriatica costiera.  

Il Generale Pianell, mandato nel 1859 in Abruzzo da Carlo Filangieri, Ministro della Guerra del primo governo di Francesco II, era stato chiamato ad ispezionare le strutture militari e decise di sostituire il comandante della piazzaforte di Civitella del Tronto, avvicendando il Colonnello Vallese, con l’anziano maggiore Luigi Ascione.

 Altri ufficiali presenti nella piazzaforte di Civitella del Tronto, al comando dei circa 500 uomini, erano: il Maggiore Salvatore Salinas, il Capitano Giovanni Raffaele Tiscar (a lui l’ingrato compito di firmare la capitolazione della fortezza), il Tenente di fanteria di riserva Pasquale Le Piane (142 uomini), l’Alfiere Raffaele Giudice che comandava i veterani (circa 100 uomini) e Il tenente di artiglieria Giuseppe Santomartino (40 uomini). Inoltre, c’era il capitano del genio Menzingher. Infine, venne mandato a Civitella del Tronto un ufficiale molto valido e fedele alla dinastia dei Borbone Due Sicilie come il comandante della Gendarmeria Reale, il Capitano Giuseppe Giovane (60 anni e 44 di servizio) al comando di 380 uomini. 

Settembre  – Ottobre – Novembre  1860

Il 7 settembre 1860 Garibaldi entra in Napoli e lo stesso giorno il capitano Mezingher abbandona la piazzaforte duesiciliana di Civitella del Tronto e passa col nemico.

Il 9 settembre 1860, viene affisso per le strade di Civitella del Tronto un bando militare a firma del maggiore Ascione, con cui si decretava lo stato d’assedio, nonostante che il comandante militare delle forze duosiciliane di Teramo, Agostino Veltri, aveva ordinato all’Ascione di arrendersi senza sparare.

 Il maggiore Ascione, influenzato anche dal Giovane che era un fedelissimo della dinastia Borbone di Napoli, rispettò gli ordini di Francesco II a Gaeta di difendere la piazzaforte di Civitella ad oltranza.

 La fortezza venne subito circondata dalle forze sabaude. Gli assediati ricevevano rifornimenti e aiuti dalle bande di contadini cattolici lealisti fedeli al Re e al Papa che compivano scorribande sulle linee nemiche e che a loro volta erano supportati dagli uomini della fortezza quando erano in difficoltà. 

Il 21 ottobre 1860, a Campli fu finanche impedito il plebiscito dagli uomini del capo lealista Pietro Diodati che venne ucciso. Così,  il capitano Giovane, supportato dai tenenti Le Piane e da Giudice, alla guida di tre colonne di gendarmi e di contadini armati, mossero su Campli, sbaragliando i filo unitari che furono costretti a ripiegare in gran fretta su Teramo, lasciando sul campo un gran numero di cavalli e fucili.

Seguirono analoghe rivolte lealiste nei centri limitrofi e la bandiera duosiciliana tornò a sventolare su Campli, Controguerra, Corropoli, Nereto, Torano.

Per onore di cronaca, i nomi dei capi briganti che combattevano “pel trono e pell’altare” nella zona che sono giunti fino a noi sono: Beniamino Di Pietro da Campli, Vincenzo Palmieri da Canzano, Giuseppe Padre da Cermignano, Giobbe Sbardella da Castellalto, Domenico Di Girolamo da Corropoli, Antonio Cucciola da Nereto, Pasquale Clemente da S. Omero, Bonaventura Di Zopito da S. Egidio, Eugenio Capone da Tortoreto e Generoso Volpi da Valle Castellana. 

La Fortezza di Civitella del Tronto era diventata una vera e propria spina nel fianco per l’esercito e le autorità unitarie, così furono mandati a inizio novembre del 1860, 500 soldati piemontesi, al comando del maggiore Carrozzi che si aggiunsero ad altrettanti garibaldini.

Dicembre 1860 – Gennaio 1861

 Le truppe piemontesi vengono subito duramente attaccate l’1 e il 3 dicembre 1860 dalla gendarmeria reale del Capitano Giovane e dalle bande armate dei contadini, appoggiati dal fuoco dell’artiglieria della fortezza che cerca di rompere il blocco degli assedianti. 

A questo punto, per risollevare una situazione che sembrava imbarazzante per l’esercito sabaudo, a Civitella del Tronto viene mandato da Torino il Generale Ferdinando Augusto Pinelli, comandante supremo degli Abruzzi, alla guida di tre compagnie di bersaglieri, una di fanteria e dieci nuovi cannoni di ultima generazione.

Il 6 dicembre 1860 Pinelli mandò un ultimatum di resa alla fortezza, ma senza l’esito sperato dai Piemontesi.

Iniziarono, pertanto, 15 giorni di cannoneggiamenti sulla fortezza di Civitella del Tronto  interrotti il 21 dicembre da una sortita offensiva degli uomini di Giovane che neutralizzarono il presidio piemontese alla Chiesa di Santa Maria dei Lumi.

Gli attacchi di alleggerimento difensivo continuarono da parte degli uomini della fortezza fino al 12 gennaio, allorché i Piemontesi furono addirittura costretti a chiedere un cessate il fuoco che fu respinto dagli uomini barricati a Civitella, galvanizzati dalla promozione di un grado per tutti fatta pervenire da Francesco II che promosse addirittura Giovane a colonnello.

 Febbraio – Marzo 1861

I primi di febbraio 1861, il governo di Torino decise di avvicendare Pinelli, i cui metodi erano ritenuti troppo severi; prese il suo posto un ex generale duesiciliano passato nelle fila dell’esercito sabaudo, Luigi Mezzacapo (di idee liberale, massone, disertore nel 1849 dall’Esercito delle Due Sicilie dopo la Prima Guerra d’Indipendenza, ha combattuto a Venezia con la Repubblica di San Marco di Daniele Manin nel 1849, gia reggente del Ministero della Guerra della Repubblica Romana, Senatore e Ministro della Guerra del Regno d’Italia nel Primo Governo De Petris ).

Il 13 febbraio, avvenne la svolta che favorì Mezzacapo in una battaglia che vedeva assolutamente perdenti le forze piemontesi fino a quel momento, ossia la resa di Gaeta con la fuga a Roma del Re Francesco II di Borbone. A seguito della resa di Gaeta, ci fu una nuova richiesta di resa rivolta agli assediati di Civitella che non portò a pieno l’esito sperato, ma solo all’abbandono della piazzaforte il giorno 16 febbraio del Colonnello Giovane, del maggiore Salinas, e di pochi uomini, i quali comunque sia fedeli al Re Borbone, videro nella capitolazione di Gaeta la fine del loro giuramento di fedeltà. Il 17 febbraio 1861 Giovane scrisse una lettera al comandante Ascione pregandolo di firmare la capitolazione della fortezza che convinse l’anziano ufficiale, ma non la truppa. Così  Ascione rimase ostaggio dei circa 300 uomini rimasti a resistere nel forte.

A questo punto, se il comando generale era ufficialmente affidato ad Ascione e al suo vice, il maggiore Raffale Tiscar, quello operativo, di fatto, era nelle mani del tenente dell’artiglieria Santomartino e al sergente d’artiglieria Messinelli.

Da quel momento, iniziò più di un mese di ininterrotti bombardamenti e non servì nemmeno l’invio del generale Della Rocca da parte di Francesco II per far cedere la truppa assediata a Civitella che attese il 20 marzo 1861 per alzare bandiera bianca a qualsiasi condizione, approfittando del fatto che il Sergente Messinelli era uscito con un nutrito numero di soldati a lui fedeli.   

Dopo ulteriori tre giorni di intensi bombardamenti dopo la proclamazione del Regno d’Italia, fu il maggiore Giovanni Raffaele Tiscar, a cui è stato dedicato il museo dentro la fortezza di Civitella del Tronto, ad avere l’ingrato compito di firmare la capitolazione della piazzaforte, alle 11.00 del 20 marzo 1861, davanti il tenente – colonnello Emilio Pallavicini, ritenendo assolto il suo compito di soldato fedele alle Due Sicilie, dopo la proclamazione ufficiale del Regno d’Italia tre giorni prima. 

Il sergente Messinelli e altri irriducibili furono posti agli arresti per poi essere fucilati in attesa dell’arrivo del Mezzacapo che entrò nella fortezza di Civitella del Tronto il 22 marzo 1861.

Cristiano Vignali