Ocriticum, area sacra e i templi di Giove ed Ercole

L’area sacra di Ocriticum, i templi di Giove ed Ercole

(DAM) Cansano (AQ) – Nell’area che anticamente fu terra dei Peligni ci addentriamo nel parco archeologico di Ocriticum, soffermandoci sul Tempio di Ercole.

Ocriticum, il villaggio che sorgeva sulla Via Nova e che oggi è un imponente parco archeologico all’interno del parco nazionale della Maiella, ci regala uno sguardo inedito sulla storia antica dell’Abruzzo.

Frequentato già a partire dal Neolitico e poi per tutto il Medioevo, Ocriticum vive in epoca romana il suo massimo splendore. La vicinanza con la Via Nova, infatti, ne fa un crocevia fondamentale per l’Italia appenninica di epoca romana.

A fare da traino allo sviluppo del villaggio in quest’epoca è l’area sacra, in grado di accogliere un gran numero di pellegrini in visita alle divinità celebrate nei suoi templi.

L’area sacra di Ocriticum è venuta alla luce grazie agli scavi archeologici che si sono susseguiti fin dal 1992 e che ci hanno restituito una testimonianza pulsante dell’antica religiosità italica e dell’intimo rapporto con il successivo pantheon romano, che ha mutuato molto in fatto di culti e divinità da quella precedente.

Alcuni dei reperti venuti alla luce sono custoditi nel Centro di Documentazione e Visita di Ocriticum, istituito nel 2004. Molti altri sono esposti nel Museo Civico di Sulmona e nel Museo Nazionale Archeologico di Chieti.

In situ, invece, possiamo ammirare ciò che resta dei templi e degli altari che sorgevano all’interno del recinto sacro.

Distribuita su tre terrazzamenti, l’area sacra di Ocriticum presenta ancora oggi i resti di tre templi in particolare: l’imponente Tempio di Giove, l’Orto delle Dee, dedicato alle divinità femminili e legato a doppio filo con il mondo naturale, e quello che viene ricordato come il Tempio di Ercole.

Il Tempio di Ercole sorge sul secondo terrazzamento, poco distante da quello di Giove. Si tratta di una bassa cella pressoché quadrata e con ingresso a Sud-Est, circondata da un giardino sacro di cui oggi restano parti del muro perimetrale.

È proprio nel giardino sacro che è stato rinvenuto un deposito votivo: all’interno, circa 600 ex voto, alcuni dei quali raffigurano Ercole Quirino. Ercole era una divinità particolarmente venerata dalle genti peligne, dedite ad attività agro-pastorali: questa informazione e la presenza degli ex voto hanno fatto sì che il Tempio fosse attribuito ad Ercole.

Non era però questa l’unica divinità venerata nel Tempio: la base della costruzione, italica, viene fatta risalire al IV secolo a.C. Ce lo testimonia anche la presenza di pietre più in materiale locale, più rudimentali se paragonate a quelle del vicino Tempio di Giove.

È quindi altamente probabile che, ben prima del culto di Ercole, fossero altre divinità italiche, di stampo agro-pastorale e a noi oggi sconosciute, a trovare spazio nel culto praticato a Ocriticum. Da queste, il Tempio sarebbe poi stato dedicato sincreticamente ad Ercole in una fase romana successiva, come spesso accadeva. D’altra parte, troviamo testimonianza di questa abitudine anche in molti culti cristiani che sopravvivono ancora oggi nei paesi montani e che mostrano una chiarissima derivazione dalla precedente religiosità italica.

Ma è tutta l’area sacra di Ocriticum a mostrarci questa ciclicità dei culti. Ci troviamo nel cuore delle vette della Maiella, la montagna sacra più legata al piano del divino tra quelle dell’Abruzzo. E qui, infatti, il sole di mezzogiorno cade proprio sul tempio di Giove: un culto che, sincreticamente, si è trasformato in un’epoca successiva da quello di Giove Capitolino in quello del Sol Invictus, maggiore divinità del pantheon dell’Impero romano nel terzo e quarto secolo.

Una continuità di tradizione che unisce attraverso il filo di riti e culti le popolazioni di tutte le epoche: dall’antichità fino al cattolicesimo, passando per il Tardo Impero Romano e il Medioevo. Segno tangibile e duraturo esempio dell’identità nazionale italica, che continua a sfidare il tempo dalle vette della Maiella.

Claudia Falcone e Cristiano Vignali – Discovery Abruzzo Magazine