Le “morti annunciate” di Gabriele d’Annunzio


Gabriele d’Annunzio e le “morti annunciate”…..

(DAM) Pescara – La vita di Gabriele D’Annunzio fu costellata da una sequela di “morti annunciate”. La sua biografia infatti, è segnata dal rapporto del poeta con la previsione della “morte eterna”, e con le “morti intermedie” che egli visse in maniera soggettiva, sin dalla sua giovinezza.

Nella circostanza, che gli capitò anche altre volte nella sua vita, in cui era costretto a letto e con un occhio bendato per una palla di neve che gli tirò la nipote di Lady Hamilton, dichiarò in maniera solenne di sapere che sarebbe morto tra il 1905 ed il 1906.

Nel 1907 il Mattino di Napoli, in occasione della Coppa Florio organizzata a Brescia, scriveva che Gabriele correva a 120 all’ora perché gli era stato predetto con certezza da una fattucchiera che non sarebbe morto prima del 1909, per una pugnalata al cuore.

Il poeta conosceva l’ora e il giorno esatti del suo decesso. Anche nel 1908, mentre viveva nella villa “La Versiliana”, come detto da una maga fiorentina, annunciò a sua volta ai parenti la sua morte per il 17 Aprile di quell’anno.

Anne Victorine Savigny, una notissima chiromante e veggente francese che esercitava presso il suo studio a Parigi nell’Avenue de Wagram, profetizzò la data del 17 Luglio 1910. A Natale di ogni anno, essa pubblicava le sue profezie, tra le quali Gabriele d’Annunzio dichiarò di aver letto anche quella della sua morte.

Di queste “morti annunciate” se ne susseguirono molte in tutta la sua vita, se ne trovano tracce diverse nel Libro Segreto, fino agli ultimissimi, pochi mesi prima della sua morte reale.

Nel 1938, le dicerie sulla sua morte imminente e le previsioni inventate o fallaci sembravano condensarsi fino a precipitare addosso al poeta come il filo di una falce fatale.

In effetti, infatti, il “Marzo funebre” arrivò: il 1 Marzo di quell’anno Gabriele D’Annunzio morì realmente per un’emorragia celebrale. Tutti gli annunci preconizzatori e i tanti accenni alla morte che occuparono le sue memorie, così come il richiamo a questa nelle sue opere come appunto Il Trionfo della morte e La contemplazione della morte, dicono non soltanto di qualcosa di estetizzante, letterario e decadente, come era nello stile di Gabriele d’Annunzio, ma forse di una profezia che il Principe di Montenevoso voleva che si avverasse, ossia di una morte non solo allusiva ed “annunciata”, ma anche cercata e alla fine, ottenuta.

Sulle reali cause della morte di Gabriele d’Annunzio resta comunque sia il mistero: morte naturale o omicidio?

Il Vate fu sfiorato dalla morte diverse volte. Nel 1885, venne colpito alla testa in un duello con una sciabola; nella guerra sul Carso, nei voli su Trento e Trieste dove perse un occhio per un ammaraggio di fortuna, e ovviamente durante l’impresa di Fiume. Durante la grande Guerra, un obice cadde quasi ai suoi piedi, come ricordò il suo amico Marcel Boulenger.

In tutte queste occasioni “oggettive” però, Gabriele non sentì la morte come sua. Le morti “soggettive” che il Vate evocò prima di quella “eterna” sono tre: la prima è descritta nell’incipit de Il libro segreto, cento e cento pagine del poeta tentato di morire e, in effetti, venne evitato tramite una pratica di magia tradizionale che consisteva nel “corazzare”, come egli disse, il suo corpicino con 400 monete d’argento e di appendergli al collo un “abitino” (il breve, di cui egli parla, ossia una sorta di contenitore fatto di pelle animale) che conteneva pezzi del legamento del suo cordone ombelicale; ciò che D’Annunzio visse come una “seconda morte” fu il passaggio dalla giovinezza alla maturità; la terza avvenne dopo pochi anni e fu “il Volo dell’Arcangelo”. Nel 1922, D’Annunzio cadde da una finestra della sua Stanza della Musica al Vittoriale, battendo la testa su una pietra sottostante e rimanendo in coma, tra la vita e la morte, per 12 giorni. Ci sono dubbi su questa caduta, alcuni storici oggi parlano di tentativo di omicidio. Ma, attenendoci alla versione ufficiale, essendo legata ad un corteggiamento “ardito” che sembra che il poeta avesse messo in atto nei confronti di Jole, la sorella di Luisa Baccara, che era la sua amante del momento, la dinamica della caduta resta comunque sia oscura: pare ad un certo punto che Jole, nella foga di svincolarsi dal suo abbraccio, lo abbia spinto di sotto in maniera inavvertita.

Veronica Tieri – Discovery Abruzzo Magazine