La Psicologa Giorgia Liberatoscioli “nei conflitti relazionali bisogna comprendere, non giudicare”

La Psicologa e Psicoterapeuta Giorgia Liberatoscioli

(DAM) Pescara – Tante volte, di fronte ad un conflitto tra persone, i soggetti coinvolti tendono a difendere le proprie ragioni accusando l’altro di sbagliare, di essere in malafede, di aggredirli ingiustamente.

Questo di solito avviene da entrambe le parti.

Quando un terzo prova ad ascoltare le ragioni dell’uno o dell’altro, magari nel tentativo di dirimere la questione e fare da paciere, spesso trova difficoltà a stabilire con certezza chi dei due abbia “ragione”: ognuno ha motivazioni valide dalla propria parte; ognuno ha avuto i suoi buoni motivi per attaccare, contrattaccare o difendersi dall’altro, perché provocato o ferito o messo alle strette; ad ognuno sembra di aver fatto del proprio meglio o di non aver avuto altra scelta a parte quella effettuata ed entrambi parlano in buona fede.

Spesso mi capita, durante una seduta con un paziente, di aiutarlo a vedere e a comprendere le ragioni dell’altro, di aiutarlo a mettersi nei suoi panni, ad “empatizzare”, come si dice in psicologichese.

Per alcuni questo processo emotivo e mentale è abbastanza facile da applicare, quando guidati, altri quasi si arrabbiano per il fatto che suggerisco loro questa direzione, ed accusano me (e tutti noi psicologi e psicoterapeuti) di voler essere troppo “buoni”, comprensivi, di voler giustificare tutto e tutti, quando invece alcune persone sono davvero “cattive” ed il male da loro inferto è reale ed intenzionale.

Reazione umana, troppo umana, per citare qualcuno…

Il motivo per cui credo che sia più utile, oltre che corretto, fare lo sforzo di comprendere le ragioni dell’altro al posto che giudicarle, non è il dovere di essere buoni, politicamente corretti o di evitare qualsiasi conflitto, ma perché credo sia vero, profondamente vero, che ognuno di noi, quando agisce (anche quando compie le azioni peggiori) non lo fa per il puro e semplice scopo di creare un danno o malessere a qualcun altro, ma lo fa a proprio vantaggio, pensando con quell’azione di stare bene o di evitare il contrario. Questo magari potrà sembrare un dettaglio, ma credo costituisca un cambiamento di prospettiva radicale.

Ovvio che non tutti i comportamenti sono leciti e giustificati e che spesso è necessario mettere dei limiti alle azioni altrui per proteggere il proprio benessere e spazio vitale, ma partire dal presupposto che l’altro è “buono” al posto che “cattivo” può fare la differenza.

Intanto la differenza è tra il giudicare l’azione e non la persona, e poi significa iniziare a chiedersi se esista un modo alternativo di raggiungere i nostri obiettivi rispetto a quello messo in essere. Perché in fondo, tutti cerchiamo di stare bene, vivere in pace, realizzare i nostri desideri ed essere felici.

E perché, se io ho sempre ragione, la logica vuole che anche l’altro, essere umano come me, dovrebbe averla. Ma anche perché la logica dei rapporti umani, che segue regole spesso più complesse di quelle matematiche, prevede una “grammatica” diversa della logica, una che sostituisca la “e” alla “o”: “Ho ragione io ed hai ragione tu”, invece che: “Ho ragione io o hai ragione tu.”

Questo sforzo di logica, nonché l’abbattimento di qualche difesa e l’apertura ad una lettura anche emozionale, oltre che razionale, degli eventi ha il vantaggio di spalancare le porte a soluzioni nuove e creative dei conflitti.

Non sono solo chiacchiere e giochetti da psicologi, provateci con fiducia, vi auguro di fare esperienza di qualcosa di nuovo.

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Dott.ssa Giorgia Liberatoscioli – Psicologa e Psicoterapeuta