(DAM) Sulmona (AQ) – Quando si parla di delirio si fa riferimento a diverse questioni psicopatologiche particolari nonché ad una percezione distorta della realtà la quale può dar vita a pensieri disfunzionali di natura paranoide se non persecutoria. Il soggetto può credere che qualcuno voglia fargli del male oppure che lo perseguiti o che qualsiasi cosa accada lo riguardi imprescidibilmente nonostante l’ evidenza contraria dei fatti.
Al di la’ di un discorso eziopatogenico di natura più strettamente medico biologica, di cui peraltro non si sa ancora molto, quali sono le basi psicologiche del delirio?
Addentrandoci in un discorso culturale di natura psicosociale sappiamo che tra i bisogni primari dell’ essere umano troviamo il riconoscimento e la considerazione che dagli altri ci attendiamo di ricevere. E il mondo, ad un analisi un po’ più attenta, è possibile che si diriga poco verso questa direzione.
La società di oggi ricorda la legge di Darwin secondo la quale sopravvive il più forte. La competitività culturale, il bisogno di trionfo sociale e la diretta dimostrabilita’ del proprio spessore professionale e della carriera che si persegue sono tutti fattori socioculturali dominanti nella realtà contemporanea. Inoltre, a causa della velocità con cui accadono e si trasformano le cose, tutto appare incontrollabile e sfuggente alla nostra percezione.
Ne consegue che nella gara per la vita ci sarà sempre qualcuno avanti e qualcuno che rimarrà indietro. Chi si sentirà gratificato e chi, al contrario, frustrato per la propria incapacità di accedere nelle liste simboliche dell’ uomo funzionante.
Il bisogno di essere visto, riconosciuto e gratificato, allora, dove rischia di finire?
Cosa dovranno inventare i più deboli per compensare questa mancanza trasformandola attraverso una forma di considerazione?
Cosa attiverà la mente umana nel disperato tentativo di mantenere in vita almeno l’ illusione di “essere qualcosa per qualcuno”!?
Basti pensare al maestro Freud, secondo il quale la paura corrispondeva ad un desiderio inconscio rimasto insoddisfatto, per pensare al delirio paranoico come ad un tentativo psicopatologico di percepirsi desiderato. Come se l’ inconscio, pur di sopperire l’ insoddisfazione del bisogno di riconoscimento inventasse un delirio persecutorio attraverso il quale l’ altro, pur se in forma malevola, comunque ci desidera.
“L’ altro ce l’ ha con me” diventa così un modo di verificare la presenza e la considerazione dell’ altro che altrimenti, al di fuori della dimensione delirante, certamente finirebbe per ignorarmi!
Ed è così che la funzione psicologica del delirio lavora nel tentativo di compensare la mancanza dell’ altro, il riconoscimento che desideriamo ricevere dallo stesso, accontentandoci di provare ciò che l’ inconscio inventa pur di mantenere in vita un attività psichica relazionale in cui sia prevista costantemente la presenza dell’ altro per il quale spesso proviamo un inconsapevole terrore di abbandono e dimenticanza.
I deliri di riferimento possiamo considerarli come ulteriore conferma di questa lettura in quanto emblematici del tentativo disperato di sentirci importanti per qualcuno. Non a caso può accadere, come è possibile osservare in psichiatria, che l’ attivazione dei deliri di riferimento è possibile che coincida con un risveglio psicologico importante attraverso il quale il paziente tenta di riappropriarsi con tutte le sue forze di quelle parti del sé che sono andate perdute a causa della malattia, e sopratutto a causa dell’ essere rimasti soli ed isolati nella stessa.
Il delirio come compensazione per rispondere a quell’ innato istinto relazionale che, una volta rimasti indietro nella societa odierna, diventa sempre più difficile da soddisfare!!
Il delirio quale possibile risposta ad una delusione subita nonché disperato tentativo di ripristinare l’ illusione perduta: un tentativo patologico di riappropriarsi dell’ altrui riconoscenza!