La continuità linguistica osco – sabella nella Nazione Italiana

(DAM) Castel di Ieri (AQ) Uno degli elementi caratteristici di una Nazione é una lingua comune o comunque sia delle affinità etnico – linguistiche. Per quanto concerne la Nazione Italiana, abbiamo visto in Tracce di Riti e Culti Ancestrali nell’Abruzzo Contemporaneo che ancora prima della Nazione Politica nata con la Confederazione Italica in opposizione a Roma del 90/87 prima dell’era comune, esisteva la Nazione Antropologica Italica con usi e costumi, tradizioni e culti religiosi che si tramandano fin dalla Preistoria. Un altro elemento che contraddistingue la Nazione Antropologica Italica é sicuramente oltre ai costumi, la lingua osco – sabella comune ai popoli Italici di cui alcune parole sopravvivono nei dialetti centro appenninici (nel nostro caso in quelli abruzzesi e molisani) e nella lingua italiana.

A tal proposito, il 29 aprile 2023 é stato presentato a Castel di Ieri il mio libro insieme a quello di Paola Di Giannantonio “La Tavola Osca di Capracotta” che ha dimostrato la continuità linguistica dell’Indoeuropeo, ovvero la sopravvivenza di radici indoeuropee nella lingua italiana e nei dialetti d’Abruzzo e Molise, con la Tavoletta Osca di Capracotta scritta in una lingua italica che ha influenza sia dal Latino Arcaico, sia dal Greco Arcaico, a dimostrare l’importanza che ha nella formazione della Nazione Antropologica Italica della civiltà greca.
“Il termine indoeuropeo – ha spiegato Paola Di Giannantonio – indica la lingua primordiale formata da un limitato numero di radici di parole significative utilizzata dall’Homo Sapiens africano e diffusa in molte zone del pianeta nel corso delle sue numerose diaspore dall’Africa in tutte le direzioni dall’Europa al sub continente indiano”.

“Per tentare di ricostruire le origini di questa lingua primordiale che gli studiosi hanno chiamato convenzionalmente indoeuropeo – ha continuato Paola Di Giannantonio – è utile accennare sommariamente alle vicende dell’espansione dell’Homo Sapiens africano. Il suo luogo originario di provenienza era stato il Corno d’Africa ma, a causa dei cambiamenti climatici che determinavano desertificazioni e aridità, fu costretto a spostarsi nel corso delle due ultime glaciazioni comprese in 100.000 anni di preistoria. L’Homo Sapiens durante le sue prime diaspore incrociò l’Homo Erectus in Asia e probabilmente il suo patrimonio genetico dovette ibridarsi con il loro, mentre in Europa incontrò gli europei autoctoni neanderthaliani. Con entrambi probabilmente si ibridò come dimostrano i tratti somatici del Neanderthal e quelli asiatici ancora presenti in alcune persone delle popolazioni europee. Lo dimostrano sia gli studi sul patrimonio genetico umano degli scienziati genetisti (Cavalli – Sforza e altri 1994) sia le forme di crani e di scheletri preistorici rinvenuti in Medioriente e in Europa. Negli incroci con gli autoctoni europei ed asiatici prevalse la mutazione genetica dell’Homo Sapiens pur conservando, come già detto, alcuni caratteri minori appartenenti all’Homo di Neanderthal e all’Erectus”.

“Per quanto riguarda la lingua, – ha specificato al studiosa – l’Homo Sapiens africano ha diffuso l’Indoeuropeo fino all’India compresa, per cui divenne la lingua comune parlata dai cacciatori-raccoglitori sparsi in Europa, in Africa e in Asia occidentale, fino all’India, un processo durato da 100.000. a 60.000 anni fa”.
“Siccome il Medioriente – ha detto la Di Giannantonio – fu il territorio- crocevia più importante di passaggio e di permanenza dei vari spostamenti dell’Homo Sapiens africano per via delle condizioni climatiche favorevoli di quella regione, gli studiosi considerano le lingue sumerica e accadica quelle mediorientali più vicine all’Indoeuropeo. Oltre all’Accadico si considera il Greco e il Latino come ulteriori tappe linguistiche legate alla diffusione degli agricoltori neolitici verso l’Occidente europeo fino ad arrivare ai dialetti sanniti e alla lingua italiana” ha affermato l’autrice di “La Tavola Osca di Capracotta”.
“Per illustrare la continuità linguistica dell’indoeuropeo nella lingua italiana e nei dialetti abruzzesi e molisani – ha spiegato la studiosa confortando la nostra idea della continuità linguistica nella Nazione Antropologica Italica – è utile tener presente la regola del rotacismo che riguarda le consonanti e la metatesi, inerente lo spostamento di una o più vocali o consonanti nel corpo della parola:
Rotacismo delle consonanti: P-B-F; K-G-X (chi greca); T-D-Z;

Metatesi di consonanti e vocali: lo spostamento di vocali e consonanti nel corpo della parola”.
“Di seguito sono riportati esempi di continuità linguistica in alcune parole che ci ha fatto la studiosa della lingua osca:
Cereale: la parola non era ancora conosciuta dai cacciatori paleolitici perciò l’indoeuropeo è mancante ma conoscevano il suono “K” la terra e “R” l’acqua; saranno gli agricoltori a mettere insieme le due consonanti per formare “KER” terra bagnata e adatta alla coltivazione e per estensione intesa come seme, chicco di cereale; dalle stesse consonanti K-R si formerà la parola agricoltura. Le altre parole considerate sono: agricoltura, pesce, maiale, popolo, sale e onda-fiume.

   Indoeuropeo (Cacciat)       Accadico (Agric)     Dialetto sannita    Latino            Greco                   Italiano
    K+ r; terra-acqua                      ker                          kerres                   cerealis-e         kore(seme)           cereale

K+ r; terra acqua akar kerriuìs ager-agri agròs-où agricolo,agrcoltura
piks pisu pesc’ piscis-is ikzùs -ùos pesce
suh sah _ ucci’ sùs-is ùs-uòs suino
d-t _ tuto-tutin’, tutanèt’ natio ètnos-ous etnìa
sehl salu sèl’/sal’ sal-is àls-òs sale -salsedine
ptar aba patr’paterei pàter patér padre-babbo
r+ n _ r’jè amnis /rivus rèo: scorrere rio

r + n (probabile radice indoeuropea per idronomi di fiumi dell’Italia centrale) Arno, Aterno, Biferno, Volturno, Sarno, Sangro, Tronto, Tanaro, Tirino, Titerno, Panaro.

Grosso, grasso, doppio, denso, spesso nel dialetto abruzzese della Valle Peligna- Sulmona-Goriano Sicoli: paccùt’. greco pachùs-pachùtos
Affrettarsi in dialetto gorianese taccuneij’. greco tachùno;
Molti richiami degli animali domestici sono parole greco-arcaiche: chiamare le galline pìp’pìp’ dal greco pippìzo= pigolare
Parole pronunciate dal pastore quando spingeva le pecore per farle affrettare= tacchiò-tachiorrè= più veloci; per spingerle a mettersi in fila per una dicevano pr’tò dal greco pròtos =primo, come per dire: seguite la prima.

I nomi di alcuni oggetti casalinghi in dialetto peligno: i p’llicci’= crivello per pulire i cereali, gr. pelìke;
iu scif’ un oggetto per mettere i legumi o il grano dal greco skìfos.
Il vaso greco più piccolo era la lekytes, da qui deriverebbe la parola nù leicch’ che per estensione significa un pochino, piccolo. Questi 3 oggetti facevano parte del vasellame greco.
Iu rit’ indica un piatto di cibo molto abbondante dal greco rhyton che era un grosso recipiente pieno di olio o di vino da offrire agli dei. Erano a forma di testa per lo più di bue ed aveva un buco da dove usciva il liquido che conteneva e si riversava sulla terra”.

Di esempi di parole italiche di idioma osco – sabelle, derivante sia dal Latino Arcaico, sia dal Greco Arcaico ce ne sono molte altre. Quelle sopra sono solo alcuni esempi per dimostrare una base di continuità linguistica che dagli albori della storia arriva fino ai giorni nostri, dalle prime tavolozze sacre incise, passando per il Greco e il Latino Classico, fino alla codificazione letteraria definitiva del “volgare” italiano nel Basso Medioevo.

Stesso discorso vale per i dialetti locali, nati nel cuore dell’Appennino Centrale e nella culla della Nazione Antropologica Italica, come quelli abruzzesi, molisani e campani.

Sicuramente, a seguito della unificazione politica della Penisola con la Res Publica Romana, benché la lingua ufficiale delle istituzioni politiche ed amministrative sia diventata il Latino Classico e quella della élite colta della “Nobilitas” anche il Greco Classico, probabilmente il popolo ha continuato a parlare la lingua locale (in area appenninica, spina dorsale dell’Italia, quella di origine osco – sabella”) fino alla contemporaneità.

Cristiano Vignali