San Giuseppe e l’equinozio di primavera

(DAM) Abruzzo – Il 19 Marzo è stato il giorno in cui la Chiesa ricorda San Giuseppe, padre putativo di Gesù e consorte di Maria. Nel ciclo calendariale questa festività riveste un’importanza considerevole sia per la varietà e molteplicità delle manifestazioni ad essa ricondotta sia per la vicinanza con la data del l’equinozio di primavera. Quest’ultimo è da sempre considerato come un un momento di rinascita e di nuovi inizi, il cosiddetto “grado zero” dello zodiaco che evidenza, con l’ingresso del sole nell’Ariete (il primo, appunto, tra i segni zodiacali), il principio di un nuovo ciclo. La celebrazione dell’equinozio, messa in atto attraverso diversi rituali volti a scongiurare la staticità che il tempo sembra assumere nell’uguaglianza tra il giorno e la notte, accompagna l’alternarsi annuale di morte e rinascita della natura.
La coincidenza delle celebrazioni in onore di San Giuseppe con l’approssimarsi di tale evento fa assumere alla festa caratteristiche di rigenerazione e trova le sue radici nei culti arcaici di fertilità della terra e nei cerimoniali dell’attività pastorale. L’accensione dei falò, l’abbondanza, l’offerta di cibo e il pasto sacro costituiscono, infatti, un sorta di propiziazione contro la carestia e la morte.

Il rito del Santo in Abruzzo

In Abruzzo numerosi sono i rituali e le tradizioni legati a San Giuseppe. A San Martino sulla Marrucina, piccolo comune in provincia di Chieti, oltre ai riti religiosi si confezionano pani profumati all’anice e al vino e dolci, che vengono distribuiti a tutti i partecipanti della festa. A Monteferrante, per ricordare un’apparizione miracolosa che, in un’epoca remota, avrebbe interessato due famiglie del luogo, è consuetudine omaggiare San Giuseppe con un convito. Conclusi i riti religiosi, il corteo si appresta a consumare il lauto banchetto, costituito da almeno sette pietanze (sette è, infatti, considerato un numero sacro), previa benedizione del cibo da parte del parroco del paese.
A Fara San Martino, per omaggiare il santo, è consuetudine accendere un grande falò che illumina suggestivamente il vallone di Fara, intorno al quale degustare prodotti tipici. Una festa che si rinnova a cavallo tra l’inverno e la primavera, che perpetua l’antica tradizione e che rafforza il legame dei cittadini con la propria terra. Il fuoco intende rinnovare l’accensione della memoria storica della comunità farese. In passato, per celebrare questa ricorrenza, si accendevano fuochi con consistenti siepi di rovi profumati al ginepro.

Il dolce tipico della festa

Sempre a San Giuseppe sono associate le classiche “zeppole”, tipiche della festa del papà, di origini partenopee e poi diffuse in tutta la penisola (seppur con alcune varianti) . Anche in questo caso l’associazione è tutt’altro che casuale. La storia vuole infatti che dopo la fuga in Egitto con Maria e Gesù, San Giuseppe dovette vendere delle frittelle per poter sfamare la propria famiglia, e pare che quel dolce fosse molto simile appunto alle zeppole che conosciamo oggi.

Fonte: “Abruzzo. 150 Antiche Feste” di Maria Concetta Nicolai

Foto: Wikipedia

Maria D’Argento – Discovery Abruzzo Magazine