La Psicologa Giorgia Liberatoscioli sulla resilienza: “non c’è limone così apro che tu non possa farne una limonata”

La Psicologa Giorgia Liberatoscioli

(DAM) Pescara – Resilienza: è la capacità di un sistema di adattarsi ai cambiamenti. La prima qualità per essere resilienti è la flessibilità: mi piego ma non mi spezzo.

In psicologia questo concetto indica “la capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.”

Spesso quando una persona chiede il mio aiuto è perché sta facendo fatica ad adattarsi ad un cambiamento di vita: la perdita di una persona cara, di una relazione, di un lavoro, di una casa o un luogo a cui si era particolarmente legati, della propria salute a causa di un incidente o di una malattia…

A volte non sono solo i cosiddetti “traumi” a spaventare, anche i cambiamenti positivi possono essere difficili da accettare: la nascita di un figlio che ti sconvolge la vita, una promozione o un nuovo incarico per cui non ti si senti pronto e che prevede nuove responsabilità, l’ingresso in una fase diversa della vita individuale: il mondo adulto, il pensionamento ecc, o nella coppia: la convivenza, il matrimonio ecc.

A volte, anche in terapia, accade che si “preferisca” continuare a soffrire per qualcosa che conosciamo piuttosto che affrontare il rischio del nuovo, anche se potenziamente portatore di gioia e salute fisica e mentale.

Perché il cambiamento fa così paura?

Credo che la risposta sia in un meccanismo estremamente istintivo ed ancestrale.

Un animale che si muove in un ambiente nuovo in genere lo fa in maniera cauta e guardinga: lo esplora attentamente alla ricerca di possibili pericoli (predatori o altro), perché ne va della sua sicurezza e sopravvivenza! Solo quando sente di conoscerlo bene, solo quando lo sa sicuro, inizia a muoversi in esso e a viverlo con disinvoltura, sentendosi a suo agio.

Anche noi ci portiamo dietro, saggiamente, questo comportamento prudente: il nuovo è sempre faticoso da affrontare perché comporta potenziali rischi, e la sensazione di sicurezza è qualcosa di estremamente personale, di cui bisogna fare esperienza sulla propria pelle, che non può essere solo raccontata o accettata per fiducia nei confronti di qualcun altro.

Un motivo per cui le perdite, soprattutto quelle improvvise e traumatiche, sono diffici da gestire è che su ogni persona, oggetto, luogo o situazione importanti della nostra vita noi tendiamo a “collocare” parti di noi stessi: nel tempo finiscono cioè per far parte di noi, della nostra identità e quindi, quando li perdiamo, è come se avessimo perso una parte di noi stessi e possiamo sentirci vuoti, manchevoli, confusi, disorientati.

Allora che fare di fronte ai cambiamenti o le esperienze sconvolgenti della vita?

Prima di tutto prendiamoci i nostri tempi, il tempo per stare in contatto con ciò che proviamo: le nostre emozioni; per ascoltare ciò che ci dice il nostro corpo: le sensazioni; per dare libero sfogo ai nostri pensieri, anche a quelli più nascosti e indicibili.

Poi cerchiamo la condivisione ed il sostegno delle persone che ci sono più care, stando attenti a selezionare quelle più disponibili, sensibili e in sintonia con la nostra condizione e ad evitare quelle che, al contrario, (non per “cattiveria”, ma per disposizione caratteriale o momento di vita), possono contribuire ad amplificare i nostri pensieri, emozioni e sensazioni negative.

Concediamoci delle coccole extra: il nostro cibo preferito, un massaggio, un momento di relax nella natura, con la musica o qualsiasi altra cosa ci procuri benessere.

Proviamo anche a rimanere ancorati alla realtà, che può voler dire ricordarci che la situazione non è così terribile come sembrano suggerirci le nostre emozioni, che il positivo non è scomparso dalla nostra vita, anche se in questo momento sembra oscurato dall’evento che stiamo fronteggiando; ma può voler dire anche non lasciarci andare completamente, non perdere la nostra quotinianeità, le nostre abitudini positive, che sia il praticare il nostro sport preferito o mantenere i ritmi del sonno, dei pasti o altro.

Proviamo a guardare agli aspetti positivi che, anche se piccoli o poco rilevanti, ogni situazione, anche la peggiore, contiene.

Infine, proviamo a riprendere in mano la nostra vita per come stiamo, senza aspettarci che tutto sia perfetto o uguale a prima, senza aspettare di sentirci completamente in forma prima di ricominciare a camminare.

Impariamo insomma a non irrigidirci e resistere alla vita, ma ad essere fluidi e lasciarci scorrere con fiducia.

Se tutto questo poi non dovesse funzionare, ricordiamoci che possiamo sempre chiedere l’aiuto di un esperto che ci accompagni con competenza, rispetto e sensibilità a vivere ed elaborare la nostra esperienza nel modo migliore possibile; a trovare risorse e nuove opportunità.

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Dott.ssa Giorgia Liberatoscioli – Psicologa e Psicoterapeuta