Pizzoferrato, simbolo d’Abruzzo nel mondo

(DAM) Pizzoferrato (CH) – Il paese arroccato sulla montagna della provincia di Chieti che ha lanciato il nome dell’Abruzzo nel mondo grazie al suo cittadino più illustre, il campione di wrestling Bruno Sammartino.

Con poco meno di mille abitanti, Pizzoferrato è un minuscolo angolo d’Abruzzo che ha saputo però proiettare il suo nome nel mondo, anche grazie ad un cittadino illustre che ha tenuto il paese sempre nel cuore. Il borgo arroccato sulla montagna ha infatti dato i natali a Bruno Sammartino, definito la leggenda vivente del wrestling professionale, sportivo e performer di grande successo che, nel corso di una lunga e prolifica carriera, ha frantumato ogni record nel panorama internazionale del wrestling.

Sammartino faceva parte della folta comunità di Pizzoferrato trapiantata a Pittsburgh, in Pennsylvania e ne era sicuramente il rappresentante più illustre ma la cittadina riveste un ruolo di primo piano di per se stessa, rappresentando uno dei diamanti storici della provincia di Chieti.

Ricostruire le origini dell’abitato è complesso perché le notizie antiche circa Pizzoferrato si rivelano molto scarne. Ne troviamo menzione nel Catalogus Baronum e alcune rovine sulla rupe che sovrasta il paese risalgono al X secolo: possiamo affermare con relativa certezza, dunque, che in epoca feudale Pizzoferrato era un centro attivo, dominato da famiglie nobiliari.
Nel periodo precedente l’anno mille l’attuale Pizzoferrato era costituita da tre nuclei: Pitius Superior, Pitius Medium, Pitius Inferior. Tutti e tre erano circondati da faggete e da campi utilizzati per la pastorizia e l’agricoltura. Non sappiamo molto sulla fusione dei tre centri ma secondo le ipotesi più accreditate la motivazione sarebbe da ricercare in una catastrofe naturale o nelle violente invasioni di briganti.

Secoli dopo, Pizzoferrato rivestirà un ruolo di primo piano negli eventi della Seconda Guerra Mondiale, grazie alla posizione strategica in altura e lungo il corso del fiume Sangro. Non a caso, le truppe tedesche stabiliscono proprio a Pizzoferrato un avamposto militare al comando della 305° divisione di fanteria.
Di importanza cruciale a livello strategico, Pizzoferrato è quindi oggetto di un assalto da parte delle forze alleate: la Wigforce, una compagine mista di abitanti della Maiella e britannici comandata dal maggiore Lionel Wigram, si dà alla battaglia il 2 febbraio 1944, al culmine di una serie di incursioni mirate che hanno già permesso la riconquista di Quadri, Torricella Peligna, Lama dei Peligni e Fallo. L’attacco però fallisce, risolvendosi in una disordinata fuga e facendo registrare un certo numero di caduti, tra i quali figura proprio il maggiore Wigram. La minaccia però porta comunque i tedeschi ad abbandonare la postazione e il 4 febbraio gli alleati superstiti entrano a Pizzoferrato.

Ancora oggi, a testimonianza della sanguinosa battaglia consumatasi a Pizzoferrato, restano alcuni buchi nel muro della chiesetta di montagna, lasciati dai colpi delle mitragliatrici tedesche. A memoria di questa pagina di storia, inoltre, la parte superiore dello sperone roccioso che sovrasta Pizzoferrato è stato trasformato in un sacrario militare della memoria in onore della Brigata Maiella.

A partire dal dopoguerra, Pizzoferrato ha subito, come molti paesi dell’entroterra, un progressivo spopolamento ma ha ancora molto da offirre a livello di turismo su tutti i fronti. A cominciare da quello naturalistico, che permette di ammirare rarità floristiche e faunistiche, fino a quello sportivo, con la statua eretta nel 2017 a ricordo di Bruno Sammartino.

A livello architettonico, Pizzoferrato vanta il belvedere che Gabriele D’Annunzio definì “terrazza d’Abruzzo” per la sua stupenda vista che spazia fino alla Dalmazia ma anche importanti palazzi nobiliari, i resti del castello baronale del XVI secolo e numerose chiese.
Tra queste, la più interessante è la Chiesa della Madonna del Girone, che ospita al suo interno un crocifisso leggendario. Secondo il mito, infatti, i tedeschi di stanza a Pizzoferrato provarono a trafugarlo ma, non riuscendo a staccarlo, decisero di sparagli contro. Secondo i testimoni dell’epoca, per non essere colpito, il crocifisso si spostò e tutt’oggi rimangono i fori della raffica di mitra sul muro. La Chiesa, al di là della leggenda, rappresenta anche la drammatica testimonianza storica del sacrificio dei partigiani del luogo che, rifugiatisi al suo interno ma scoperti, si videro costretti a buttarsi giù dalla rupe.

Claudia Falcone – Discovery Abruzzo Magazine