(DAM) Rosciano – Parlando di emigrazione albanese in Italia, quello che sicuramente torna alla mente di molti, rimane la diaspora avvenuta lungo tutto il corso degli anni Novanta del Novecento, che costrinse più di 27.000 albanesi ad abbandonare la propria terra sprofondata in una grave instabilità socio- economica alla ricerca della salvezza cercata perlopiù nella dirimpettaia Italia.
Eppure, le migrazioni di questo popolo verso l’Italia si sono verificate a più ondate. In particolare, ci riferiremo in questo articolo a quelle avvenute tra il XV e il XVIII secolo d.C. a causa dell’avanzata dell’Impero Ottomano, avvenuta con la morte dell’eroe nazionale Giorgio Castriota Scanderbeg, generale d’armata fino a quel momento impegnato in difesa di un’Albania cristiana.
Qualche anno più tardi, il Regno di Napoli patrocinò diverse concessioni territoriali alle comunità albanesi, premurandosi di suddividerle in più villaggi anche molto distanti tra loro, per evitare possibili attacchi alla corona in caso di guerre civili.
Nacquero così i Villaggi Arbëreshë, dislocati tra Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia, Calabria, Molise e Abruzzo, delle comunità stabili che mescolarono lingua, dialetti e cultura con quelli delle comunità indigene e allestirono chiese decorate ed organizzate per il rito cattolico – bizantino senza dimenticare la presenza di busti commemorativi di Scanderbeg, difensore e promotore della loro fede e della loro cultura.
Villa Badessa è il più giovane di questi villaggi, si trova in Abruzzo, nel territorio del Comune di Rosciano, nella provincia di Pescara, ed è oggi una piccola frazione costituita da una chiesa ed un pugno di case.
A causa dei numerosi stanziamenti provvisori che hanno preceduto gli insediamenti definitivi, rimane non semplice collocare con esattezza la nascita delle circa 50 comunità albanesi presenti in Italia.
Nel caso di Villa Badessa però è possibile determinare la sua nascita oltre che la sua origine. Un documento datato 1744 farebbe risalire a quella data l’atto di nascita della comunità di Badessa seppur un’ altro atto farebbe risalire con precisione al 1743 la data precisa dell’arrivo delle 18 famiglie albanesi in terra di Abruzzo.
La varietà badessana di italo-albanese, presenta a livello linguistico un numero consistente di prestiti turchi rispetto alle altre parlate presenti in Italia. Si registra infatti, una forte presenza di grecismi che vanno ben oltre quelli presenti nell’albanese moderno.
Possiamo oggi avere la certezza che questo sia causa della provenienza della varietà italo-albanese dalla costa di fronte a Corfù. La lingua albanese è infatti stata sottoposta all’influsso del greco per diversi motivi quali; la vicinanza di villaggi di minoranza greca, per diretti rapporti economici con la Grecia, nonché per la presenza di scuole e chiese greche; tutto questo ha dato origine a diverse stratificazioni di prestiti dal neo-greco. Si ipotizza inoltre anche l’appartenenza alle parlate ciame che, insieme alle parlate labe, costituiscono le due varietà principali del dialetto.
La comunità albanese d’Abruzzo ha sempre abbracciato la fede cristiana tramite il rito greco-bizantino seguendo il Typikòn di Costantinopoli.
Fino al 1919 la comunità era aggregata alla cura pastorale dei Vescovi di Penne-Atri, poi passò alla giurisdizione della nuova Eparchia di Lungro che comprende le comunità bizantino-albanesi dell’Italia continentale.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) ha inoltre portato l’adozione della lingua albanese quale lingua liturgica (affiancandosi al greco e all’italiano) della Diocesi di Lungro e di quella di Piana degli Albanesi, che comprende le comunità albanesi della Sicilia.
La Chiesa di Santa Maria Assunta a Villa Badessa rappresenta un gioiello in cui si svolgono ancora funzioni in rito greco bizantino. Basta oltrepassare la porta per essere catapultati in un mondo dorato, arricchito dalle numerose e sfolgoranti immagini sacre e da un abbagliante iconostasi.
Lara Vojtila