(DAM)!Castel di Ieri (AQ) – in questo speciale tratteremo del Superuomo in Gabriele d’Annunzio. A tal proposito, bisogna dire che ciò che fu determinante per il definitivo passaggio alla fase superonista e l’abbandono di quella romantico – decadente dell’Estetismo furono i debiti accumulati da Gabriele D’Annunzio e in particolar modo il suo necessario cambiamento di vita successivo al suo trasferimento in Francia nel 1910: l’intellettuale romantico adorante del culto del bello si trasformò definitivamente in quello patriottico militante che diventerà il Vate, la guida ideologica e culturale per il nazionalismo italiano più radicale.
Al culto del Superuomo di Nietzsche è legata in qualche modo l’immagine di D’Annunzio da sempre, sebbene in realtà il poeta ha veramente poco da spartire col “Zarathustra”. Prima di affrontare l’argomento occorre spiegare Nietzsche ed il mito del Superuomo. Secondo il filosofo, l’uomo vive immerso nell’eterno ritorno, in un tempo infinito in cui tutti gli eventi e le situazioni possono ripetersi eternamente. Di questo eterno ritorno egli è vittima e schiavo, assorbito in una dimensione che torna perennemente. Il mondo è popolato da una grande moltitudine di persone che, rifugiata nelle sicurezze e nelle norme imposte dalla loro miopia patologica e dalla sovrastruttura, subiscono l’eterno ritorno senza provare ad elevarsi. Con l’incapacità di vivere di vita vera, queste persone accettano di credere nella giustizia divina, nella legge e nella religione e vivono di umiltà, paure, orgoglio e virtù, senza mai provare ad andare fuori da questo ciclo inarrestabile ed eterno. Intraprendere la strada che conduce verso il Superuomo, vuol dire acquisire la conoscenza della propria entità fisica, immersa nel mondo tangibile delle cose e comprendere che lo spirito esiste perché esistono la compassione e le emozioni e siamo immersi all’interno di un mondo in cui è materiale ogni cosa e norma e sono parte integrante di questa dimensione persino l’arte e la parola. Secondo Nietzsche il Superuomo deve essere capace di diventare se stesso in maniera reale, acquisendo la consapevolezza dei propri impulsi. È cosciente del proprio lato oscuro e lo alimenta per produrre virtù nuove. In quest’ottica si ha un superamento da parte dell’uomo di se stesso solo tramite la creazione di valori nuovi che gli consentono di liberarsi dall’eterno ritorno e di acquisire una visione lineare del tempo, con l’accettazione del rischio di non venire più compreso dalla gente comune. Pertanto quella del Superuomo non è la figura popolare, le cui parole sono approvate e capite dalla moltitudine e che sale alla ribalta, ma cambia il mondo facendolo lontano dalla folla e distante dalle luci della ribalta e dal clamore, in quanto non sono cose che gli appartengono. Dalla solitudine egli trae il desiderio di parlare con una voce nuova, crede fermamente nella propria forza creativa e contraddice persino se stesso. Per fare questo, il Superuomo deve tornare ad essere un bambino che ascolta i propri impulsi al di là delle loro natura e ragione e al di sopra delle norme e della morale comune imposte dal mondo.
In D’Annunzio c’è qualcosa del Superuomo di Nietzsche, mentre tanto altro viene modificato e stravolto in modo molto originale dal poeta stesso. Innanzitutto, il Superuomo dannunziano prende le sembianze di poeta Vate, che ha la capacità di essere una guida per il paese ed incantare gli altri, ed anche di vivere una vita originalissima e di sedurre le donne. Una vita fatta di valori nuovi, che tuttavia tante volte sono lontani dalla pura introspezione, e che diventano ricchi di forma e popolari e possiedono una capacità di incantare gli altri oppure di scandalizzare.
Il Superuomo di D’Annunzio trae dalla forza del bambino lo stupore, consacra la propria virtù all’arte e mantiene la propria creatività come un dilettante di emozioni incuriosito dal mondo.
Una sorta di rifacimento al Superuomo di Nietzsche sta nel mito dell’ardito e nel culto del pericolo, tuttavia anche questo aspetto è circondato da un alone di auto – celebrazione e forma artistica che rendono quello dannunziano un Superuomo diverso del tutto, che ha saputo incantare con la creazione di nuovi valori basati sulla forma, sulla ricerca eccessiva di una coscienza nuova estranea alla morale comune e sul culto dell’estasi.
Eppure Gabriele, anche successivamente alla propria morte, ha dimostrato, tramite le sue opere che ci ha lasciato, di avere una conoscenza chiara delle regole terrene tramite le quali dominare il mondo, e di far sì che gli studiosi di ogni epoca non si fermino a contemplare la sua produzione letteraria perché la sua opera d’arte più grande lo è diventata proprio la sua vita, ed in questo c’è un superamento da parte del poeta di se stesso, diventando Superuomo.
Veronica Tieri