San Bartolomeo in Legio, l’eremo dalla storia millenaria a Roccamorice

San Bartolomeo in Legio, l’eremo dalla storia millenaria a Roccamorice.

Eremo San Bartolomeo in Legio, Parco Nazionale della Maiella a Roccamorice

(DAM) Roccamorice – Il nostro viaggio alla scoperta della storia dell’Abruzzo oggi fa tappa a Roccamorice per scoprire l’eremo di San Bartolomeo in Legio, luogo legato al culto religioso attraverso i secoli.

L’Abruzzo è una regione ricca di bellezze naturali e di storia antica, abbiamo avuto modo di scoprirlo nel corso dei nostri appuntamenti.

Tra le molte e variegate testimonianze dal passato, il nostro territorio abbonda di eremi, quei luoghi estremamente isolati e di difficile accesso in cui erano soliti ritirarsi gli asceti e gli eremiti.

Questi luoghi così inaccessibili e ritirati erano ricercati da alcuni religiosi durante il Cristianesimo: li eleggevano a propria dimora per trovare l’isolamento necessario alla preghiera e all’introspezione. Tuttavia, il più delle volte, gli eremiti sceglievano luoghi preesistenti, che in molte occasioni erano già stati luoghi legati al culto e ai riti religiosi nei secoli precedenti.

È il caso, per esempio, dell’Eremo di San Bartolomeo in Legio.

L’Eremo di San Bartolomeo in Legio si trova a Roccamorice, in provincia di Pescara ed è uno dei più suggestivi e famosi rappresentanti di questo tipo di testimonianza storica.

La storia dell’eremo è legata a doppio filo al nome di Celestino V, il papa ricordato da Dante come “colui “che fece per viltade il gran rifiuto”: Pietro da Morrone, infatti, eletto Papa nell’estate del 1294, rinunciò al suo ruolo qualche mese dopo, preferendo alla vita papale quella ascetica, che aveva già praticato in passato proprio sulla Maiella.

L’Eremo di San Bartolomeo, infatti, aveva ospitato il futuro Celestino V intorno al 1250: Pietro da Morrone aveva abitato il luogo insieme ad alcuni seguaci, lo aveva dedicato a San Bartolomeo e si era occupato della ristrutturazione del sito, che era comunque già esistente da molto tempo.

San Bartolomeo in Legio si presenta come un eremo davvero spettacolare, stagliandosi su uno sperone roccioso a 700 metri d’altezza incastonato nella pietra della Maiella. La struttura è completamente scavata nella roccia e consta di due vani, una vasca per la raccolta delle acque piovane e una piccola chiesa. La via d’accesso è costituita da quattro scalinate, tutte intagliate direttamente nella roccia. La principale, detta Scala Santa, è oggetto di pellegrinaggi ancora oggi e viene percorsa in ginocchio dai fedeli con l’obiettivo di espiare le colpe commesse.

Nel rispetto della sua funzione, l’eremo è votato alla semplicità: la piccola chiesetta ricavata dalla roccia è piuttosto spartana, con un portale costituito da una semplice architrave in pietra e le facciate decorate da iscrizioni e affreschi di cui, tuttavia, ci resta pochissimo, essendo stati notevolmente danneggiati dalle intemperie.

La spettacolarità del luogo e la vicinanza con l’eremo di Santo Spirito rendono San Bartolomeo in Legio il principale protagonista del turismo della zona: l’eremo è infatti visitabile e, soprattutto nella stagione estiva, ospita non solo i devoti che lo raggiungono per motivi religiosi ma anche moltissimi turisti curiosi di scoprire i segreti e le bellezze dell’Abruzzo, nonché gli appassionati di escursionismo.

Come dicevamo all’inizio, comunque, San Bartolomeo in Legio non nasce con Celestino V e il Cristianesimo ma molto prima: abbiamo già avuto modo di ricordare, infatti, come in Abruzzo fosse attiva già in epoca precristiana una vivace religiosità legata alle acque sacre, anche grazie alla geografia e all’idrografia naturale abruzzese, ricca di sorgenti, grotte e acque sotterranee dalle proprietà benefiche.

I riti dell’ablutio e dell’incubatio, riscontrabili in epoca precristiana in moltissimi luoghi religiosi della nostra regione, hanno spesso data vita a riti cristiani legati alle acque, che rinnovano e riadattano usanze ben più antiche. Ne abbiamo testimonianza in moltissimi luoghi e San Bartolomeo in Legio non fa certo eccezione.

Nonostante sia molto difficile ricostruire con esattezza i riti propri della antica religione italica per San Bartolomeo in Legio, data la scarsità e frammentarietà di fonti, in questo caso a venirci in aiuto è proprio la religione successiva, con le sue ritualità fortemente legate all’acqua e quindi palesemente mutuate dal culto preesistente.

Già l’intitolazione a San Bartolomeo, figura legata al mondo delle acque, ci dà un’indicazione in questo senso ma è l’esistenza stessa dell’eremo, che sorge in prossimità di un corso d’acqua a darci conferma del legame del luogo di culto con le acque sacre.

San Bartolomeo in Legio, infatti, si trova vicino a Fonte Catenaccio, alle cui acque vengono attribuite proprietà taumaturgiche fin dai tempi antichi.

Abbiamo testimonianza del fatto che già intorno all’anno Mille alcuni monaci si erano insediati nel futuro eremo, introducendo il culto di San Bartolomeo ma è lecito pensare che già in epoca più antica il luogo fosse frequentato per attingere alle proprietà miracolose dell’acqua del Catenaccio.

Interessante per avere un’idea di come i riti legati alle acque sacre abbiano vissuto un percorso interreligioso, ripresentandosi da una religione all’altra, è il culto che ancora oggi viene celebrato in onore di San Bartolomeo.

L’eremo, infatti, ospita una piccola statua lignea del Santo, che viene portata in processione ogni anno il 25 agosto.

In questa occasione, i fedeli celebrano la messa direttamente dentro l’eremo, bagnandosi poi le mani presso l’acquasantiera che raccoglie l’acqua che sgorga dalla parete sinistra della roccia.

La processione si reca poi al fiume sottostante l’eremo, percorrendo la Scala Santa e bagnandosi nelle acque. Questa usanza è sicuramente testimonianza di culti pre cristiani legati alle proprietà benefiche della sorgente.

A ulteriore riprova del fortissimo legame con le acque sacre è tradizione, in occasione delle celebrazioni legate a San Bartolomeo, consumare la colazione sulle rive del corso d’acqua come buon augurio.

Claudia Falcone – Discovery Abruzzo Magazine

Fonti: abruzzoturismo.it; acquesacre.it; Silvia Scorrano – Il culto delle acque in Abruzzo. Percorsi di ricerca e strumenti di valorizzazione.

Vedi anche:

C. Falcone, “Culto delle acque nella Maiella Marrucina”, Discovery Abruzzo Magazine

C. Vignali “L’ablutio e l’incubatio fra Roccamontepiano, Rapino e Filetto”, Discovery Abruzzo Magazine.