Periodo napoletano di Gabriele d’Annunzio

Il periodo napoletano di Gabriele d’Annunzio

(DAM) Napoli – Gabriele d’Annunzio trascorse un breve periodo a Napoli per l’impossibilità che aveva di saldare i debiti accumulati a Roma, seppure nel 1891 guadagnò ben 1000 lire dalla pubblicazione del Giovanni Episcopo.

Si trasferì dapprima nel convento Michetti amo di Francavilla, ma successivamente prese appunto la decisione di spostarsi nella città partenopea.

In quel periodo il Vate collaborava con il giornale “Il Mattino” i cui direttori erano i suoi amici Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio, che pubblicarono i suoi articoli su tale giornale e, prima di esso, anche sul Corriere di Napoli. Inoltre, nel 1892, pubblicò non soltanto 2 libretti di novelle ma anche il Romanzo L’Innocente. Quest’ultimo venne rifiutato dall’editore Trevisan, ma in seguito diventò una delle opere di maggior successo dell’epoca. Ma caratterizzarono il suo soggiorno napoletano in modo particolare vita inquieta ed amori proibiti.

Andando con ordine, si stabilì precedentemente, per un po’ di tempo, a Resina (la città che assunse il nome di Ercolano a cominciare dal 1969), dove si richiedeva la sua presenza nei salotti di ville patrizie, oltre che cittadine, anche dei luoghi vicini. Trascorse la stagione estiva nella villa D’Amelio, che fece da sfondo alla sua storia d’amore con Maria Gravina Cruylas di Ramacca, principessa siciliana moglie del conte Guido Anguissola di San Damiano. La donna, slanciata, alta e di un’eleganza rara, colpì a fondo il d’Annunzio che aveva un debole per le donne alte… Molto vistosa era corteggiata e non invano da tanti, sembra anche da Vittorio Emanuele III, l’allora Principe di Napoli. Quando la conobbe il Vate, Maria aveva già quattro figli. Il caso volle che il marito ebbe un crollo finanziario e fu costretto a fare ritorno dalla famiglia, ma lei si rifiutò di seguirlo: affittò un appartamento in via Caracciolo dove si trasferì insieme alla prole. Da qua raggiungeva il poeta all’Albergo della Follia – nomen est omen – in piazza dei Fiorentini. Nell’Ottobre del 1892, la coppia fu denunciata dal conte Anguissola per adulterio, sorprendendo gli amanti nell’appartamento di via Caracciolo, dove avvenivano i loro incontri da mesi. Da tale storia extraconiugale nel Gennaio dell’anno successivo nacque, a Resina una bambina, Renata, la protagonista del Notturno, e vennero effettuati il processo e la condanna dei 2 amanti a 5 mesi di prigione per adulterio dalla Corte d’Appello. Documentano la loro relazione molte lettere del d’Annunzio mandate, oltre a Maria Gravina, alla figlia “Cicciuzza”, come lui amava chiamarla. Successivamente il Vate prese dimora con la figlia e la principessa nel palazzo mediceo di Ottaviano (lungo le pendici del Vesuvio), che mise loro a disposizione la principessa Maria dei Medici. L’anno fino a cui i Medici rimasero, infatti, i padroni del castello fu il 1894, in cui morì l’ultimo discendente della famiglia, Giuseppe, che era il papà di Maria. Nel 1893 Gabriele lasciò per sempre la Campania per tornare in Abruzzo, mentre la figlia e la Gravina si trasferirono e presero dimora a Roma. Come amante e marito, d’Annunzio fu inaffidabile ed infedele, come padre invece, a modo suo disponibile e tenero, seguendo i suoi vari figli attentamente nel loro percorso di studi e di vita. Lo fu anche con Renata, la figlia prediletta, che chiamava in modo amorevole Cicciuzza, mentre la passione fra lui e la contessa sensuale finì, come accadeva spesso tra ricatti, bugie ed inganni volgari. L’educazione della ragazza venne affidata nel 1903 al prestigioso Collegio di Poggio Imperiale di Firenze dove ricevette una formazione culturale ottima. Tale decisione venne presa univocamente dal papà – che voleva sottrarsi ai contrasti frequenti con la mamma naturale – e fu favorita in maniera finanziaria dall’amante di d’Annunzio ed attrice Eleonora Duse che fece la promessa di pagare in maniera anticipata 3 annualità della retta del collegio. A Maria Gravina toccò, invece, un destino molto infelice: dopo Cicciuzza fece nascere Gabriellino. Tormentata dai debiti, terminò i suoi giorni con la gestione di un albergo di terz’ordine a Montecarlo, che secondo tanti era una casa di tolleranza vera e propria.

Il rapporto fra Gabriele e Napoli è stato sempre controverso, fatto, più che di luci, di ombre. Tale rapporto non si rivelò facile da subito: all’ombra del Vesuvio, il poeta subì le critiche feroci di Benedetto Croce.

Ciò che contraddistingue le “epoche” dannunziane sono, come sempre, le donne e la produzione letteraria: a Napoli Gabriele pubblicò, nel 1892, una raccolta di poesie, le Elegie romane, e l’anno seguente il Poema paradisiaco. Piazza Gabriele d’Annunzio nel capoluogo campano assunse il nome del Vate nel 1961, su richiesta di Armando Caruso, l’allora presidente del Circolo Artistico. Infine, porta la firma di Gabriele d’Annunzio una delle canzoni napoletane più conosciute, ‘A Vucchella’, scritta per sfida: il poeta infatti voleva dare la dimostrazione che sapeva padroneggiare il napoletano.

Veronica Tieri – Discovery Abruzzo Magazine