Speciale sulle Muse e Donne di Gabriele d’Annunzio
(ASI) Gardone Riviera (BS) – Dire quante furono le donne di Gabriele D’Annunzio non è possibile. Qualche studioso ne ha contate 140. Ma tale numero ha molto poco senso dovendo discriminare fra Muse e Donne del Vate, ossia tra coloro che ispirarono la sua poesia e quelle entrate semplicemente nell’harem per il soddisfacimento del suo erotismo smisurato.
Femmine e Muse Dannunziane è il titolo di un libro pubblicato nel 1993, frutto di una lunga ricerca del compianto studioso Ivanos Ciani, che per la sua perspicacia di pensiero fu uno dei dannunziani più stimati. In premessa, lo stesso Ciani avvertì che le donne considerate non sono tutte quelle che frequentò il poeta ma solo alcune di cui era riuscito a rintracciarne la documentazione fotografica. Va inoltre detto che non tutte furono “di” D’Annunzio, nel senso che non entrarono tutte nell’harem. Nessuno può dire quale ruolo abbia avuto nella vita del Vate la savonese Lilia Maria Lilium che, bramosa di “un’ora mistica”, nel 1919 si recò a Venezia per poterlo incontrare, una speranza che forse venne delusa. E non si può dare immagine a tutte le professioniste dell’amore che il Vate non respinse a Venezia, Fiume, Parigi e Gardone Riviera, per limitarci agli ultimi tre decenni di vita. Le grandi muse sono conosciute da tempo e furono: la moglie, duchessa Maria Hardouin di Gallese, che gli diede tre figli, abbandonata per la contessa siciliana Maria Gravina Cruyllas di Ramacca, da cui ebbe una figlia riconosciuta, Renata, la Sirenetta del Notturno, e forse un figlio a cui il “divino” amatore non volle però mai dare il proprio nome. E poi: Elvira Fraternali Leoni – Barbarella -, la grande attrice Eleonora Duse “dalle belle mani”, la marchesa figlia dell’ex presidente del Consiglio Alessandra Starabba di Rudinì Carlotti, che terminerà la propria vita in un convento, le due contesse Nathalie de Goloubeff russa e Giuseppina Mancini, la pianista Luisa Baccara che gli sarà prossima negli ultimi venticinque anni di vita, da Fiume alla morte avvenuta al Vittoriale nel 1938. E tutte le altre, ad iniziare dalla governante e cameriera francese Aélis Mazoyer, che non si sa se fu amante per un trentennio. Dallo studio emerge la conferma che una qualità di Gabriele D’Annunzio era la vitalità smisurata: don giovanni di portata internazionale, poeta, condottiero a Fiume ed eroe della Grande Guerra.
Ma per rimanere nel tema, la risposta alla domanda: che cosa faceva alle donne, perché si gettavano ai suoi piedi? È che, come ha scritto qualcuno, molte le “comperava”. Le altre, che erano le più importanti – contesse, baronesse, principesse e marchese (anche Coré, che suscitava turbamento ed emozione, specialmente di tipo sensuale, la Casati Stampa) e danzatrici universalmente note, come Ida Rubinstein -, lui che non era bello le conquistava tramite il corteggiamento da poeta: doni, e in modo particolare lettere e fiori.
Veronica Tieri