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Miti e leggende delle Gole del Salinello e di Castel Manfrino
(DAM) Valle Castellana – L’alone mistico delle Gole del Salinello e di Castel Manfrino sito in località Macchia da Sole, nella gola del Salinello tra la montagna di Campli e quella dei Fiori, dove possiamo scoprire tra le rupi antiche grotte preistoriche, abitate dagli eremiti religiosi che conducevano una vita di stenti e solitudine per avvicinarsi alla divinità, ha contribuito alla nascita di bellissime leggende su asceti, statue di madonne impossibili da distruggere, tesori custoditi da porte in ferro o animali fantastici.
A tal proposito, ci sono diverse storie mitiche, come quella del tesoro di monete di Re Manfredi nascosto in un antro, protetto da un enorme macigno e custodito da una fata bianca: per riuscire a trovarlo, avrebbero perso la vita avidi avventurieri e le loro anime vagano senza pace intorno allo strapiombo. O come quella che vorrebbe lo spirito dello stesso Manfredi aleggiare sul castello, celato sotto le spoglie di un’aquila reale: ancora oggi una sensitiva del posto giura di averlo visto. Infine, assicurano da queste parti l’esistenza di gnomi dispettosi che gli abitanti della zona chiamano “Li Mazzamarilli”.
In questa atmosfera gli Enti locali hanno scelto di organizzare eventi ed iniziative come “La Notte delle Paure”, manifestazione nata per raccontare le leggende ancestrali della Laga.
Addentrarsi all’interno di questi miti e leggende che vengono tramandate da secoli è dovere oltre che un piacere, per poter conoscere al meglio questi posti suggestivi e ricchi di storia.
IL TESORO DI RE MANFREDI
Nel fondo della Gola del Salinello, dove la corrente del fiume è più forte, si narra di un enorme macigno che bloccherebbe una grotta in cui si celerebbe il tesoro di Re Manfredi di Svevia in monete d’oro, rame e argento, custodito da una fata vestita di bianco.
La leggenda dice che chi si avventura nella caverna, deve inizialmente portare via solo le monete in rame, per poi ripresentarsi tre anni dopo per quelle in argento e altri tre anni dopo per impossessarsi delle monete d’oro.
Se questa regola non viene rispettata e si tenta di portare subito via tutte le monete, un incantesimo fa chiudere la porta della grotta, facendo perire i malcapitati. I fantasmi di costoro si aggirerebbero ogni notte nei dintorni della chiesetta rupestre di Sant’Angelo in Volturino.
LA GROTTA DI SAN FRANCESCO
Narra la tradizione che San Francesco d’Assisi, nell’anno 1215, visse un breve periodo nella grotta che prende il suo nome, sita al centro della valle, in cui si consumerebbe l’eterna lotta tra il bene e il male.
Una sera, mentre tornava al suo giaciglio, dopo aver predicato, fu letteralmente assalito dai pidocchi che sarebbero stati inviati dal Diavolo che lo scrutava dall’altra riva del fiume.
A questo punto, Francesco chiese aiuto al Signore e puntando il suo bastone contro il demonio, partì dalla punta una saetta che prese in testa Satana, che sbatté contro le rocce e precipitò nel fiume.
A testimonianza di ciò molti dicono che ci sia una pietra, dove sono ancora evidenti le impronte delle mani e dei piedi del Santo e che la collina di fronte ha ancora il buco causato dal Diavolo colpito dalla folgore.
LI MAZZEMARILLI
Alcuni decenni fa uno speleologo si avventurò nei sentieri per raggiungere Castel Manfrino, per effettuare perlustrazioni alla ricerca di qualche tesoro nascosto.
Un giorno, di ritorno dal castello, si fermò a riposare presso una chiesetta diroccata, dove trovò cumuli di paglia, rami e sterpaglia.
Si guardò intorno, percependo una sensazione mai provata, poi di colpo si diresse verso il fondo della cappella e iniziando a scavare trovò due splendidi candelabri dorati in legno. Soddisfatto del bottino, si diresse verso casa attento a dove metteva i piedi poiché la nebbia aveva preso il posto del sole.
A questo punto, sentì di colpo un fruscio dietro di lui, si girò di scatto e vide con stupore e paura un piccolo gnomo che nella tradizione popolare prende il nome di “lu mazzemarille” che cercava di attirare l’attenzione, roteando i fianchi e le mani per dirgli che quello che cercava (il tesoro di Re Manfredi) non era lì, ma, bensì in altra località vicina, per poi scomparire di colpo al rifiuto dello spaventato speleologo che tornò di corsa a casa sua a Teramo, dimenticando per sempre l’ambito tesoro.
“Lu Mazzemarille” è un termine dialettale in uso sia in Abruzzo, sia in Molise, equivalente all’italiano folletto, gnomo. Si dice che il bambino morto senza battesimo ritorni a vivere, trasformandosi in un “Mazzemarille” con poteri magici che però sono annullati se gli si copre la testa. E’ a conoscenza dei luoghi dove sono nascosti i tesori ed ha un carattere dispettoso, fonte di fastidio per i viventi che per la legge del contrappasso devono pagare un tributo alla dolorosa esistenza del bambino morto senza i sacramenti e trasformato in gnomo.
LA GROTTA DI SAN MICHELE ARCANGELO
Nelle Gole del Salinello, sotto Castel Manfrino, ci sono, nella natura più primitiva, delle grotte dove dei mistici religiosi hanno portato avanti per secoli una vita ascetica fatta di meditazione, solitudine, privazioni e castità.
La prima grotta che si incontra lungo il corso del Fiume Salinello è quella dedicata a San Michele Arcangelo, il cui culto trova origine nei primi secoli della Cristianità e in particolare nel periodo buio delle invasioni barbariche. Qui anticamente si praticavano riti contro il malocchio ed esorcismi. Il posto è facilmente raggiungibile.Si narra, a tal proposito, di un asceta di nome Malco, che praticava strani riti di purificazione dal demonio.
Nei decenni passati, l’altare della grotta è stata anche il palcoscenico di riti di adorazione del diavolo da parte di sette sataniche. Nella grotta ci sarebbe una manna miracolosa usata per guarire le malattie reumatiche.
Negli ultimi decenni dell’Ottocento, Concezio Rosa rinvenì nella grotta resti di ominidi e utensili primitivi Lo studioso ipotizzava che la caverna fosse abitata da uomini primitivi che si cibavano anche di loro simili praticando l’antropofagia.
CAVALIERI GIGANTI A GUARDIA DI CASTEL MANFRINO
Si narra di giganti a guardia delle mura di Castel Manfrino che incarnerebbero le anime dei cavalieri che costruirono per ordine di Re Manfredi una fortificazione ciclopica pressoché inespugnabile.