GIAN CARLO MARONI FU L’ARCHITETTO CHE PROGETTÒ L’ULTIMA DIMORA DI d’ANNUNZIO, IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI E CHE SPESE TUTTA LA SUA VITA PER QUESTO PROGETTO
(DAM) Vittoriale degli Italiani – Giovanni Maroni nacque ad Arco (TN), in Trentino, nel 1893 e 20 anni dopo cambiò il nome Giovanni in Gian Carlo per problemi di omonimia. Dopo aver frequentato, tra il 1910 e il 1911, la scuola civica di Riva del Garda, dove viveva con la famiglia, si trasferì a Milano per proseguire gli studi dapprima presso la scuola d’arte applicata all’industria, quindi alla scuola speciale di architettura dell’Accademia di Brera.
Nel 1915, seguendo l’esempio dei fratelli, si arruolò nel corpo degli alpini, ma presto fu ferito in maniera grave nel combattimento. Insignito della medaglia d’argento al valore, trascorse la convalescenza tra Milano e Torino e infine fu trasferito a Verona, dove rimase fino alla fine del conflitto.
Nel 1919 tornò a Riva del Garda ed entrò nel Comitato per la liberazione di Fiume. Nello stesso anno conseguì il titolo di professore di disegno architettonico a Milano. Tornato di nuovo a Riva aprì, con il fratello che era un ingegnere, uno studio tecnico – artistico specializzato in cemento armato: iniziarono allora a partecipare alla ricostruzione della città cominciata sotto la supervisione dell’Opera del genio militare, e fecero parte della commissione edilizia del Comune di Riva del Garda fino al 1924. A Gian Carlo Maroni si deve la realizzazione, tra il 1919 e il 1921, di vari progetti di edifici pubblici, l’oratorio e canonica della Confraternita del SS. Sacramento, il restauro del palazzo dei Provveditori, il campo sportivo della Società sportiva Benacense e i bagni pubblici della Cassa ammalati.
Ancora più molteplici furono gli interventi per i privati dell’Arch. Maroni: il primo progetto fu la casa Bettinazzi (che venne criticato in quanto “poco ambientato” e troppo scolastico), quindi le residenze Armani, Marzani – Parteli, Maroni e Zaniboni.
L’incontro con Gabriele d’Annunzio determinò una svolta vera nell’attività del Maroni, che fu presentato al poeta dal capitano irredentista Giuseppe Piffer nel 1921. Il Vate aveva infatti bisogno di un architetto che lo aiutasse a ristrutturare villa Cargnacco, a Gardone Riviera, in cui si era appena trasferito. In questo modo ebbe inizio un rapporto committente – architetto, forse unico nel Novecento italiano, in cui non è facile definire il confine tra le richieste del Vate e le risposte progettuali di Gian Carlo. Ma quest’ultimo si uniformò ai gusti del “comandante” – committente in maniera quasi totale dando forma architettonica ed adeguandosi all’ideologia estetica dannunziana.
Ancora prima di iniziare l’opera a cui avrebbe dedicato il resto della sua vita, l’architetto eseguì, sempre su incarico di d’Annunzio, il progetto del monumento a memoria dell’epopea fiumana a Maderno sul Garda, che non fu mai realizzato. Tale progetto, a cui il Maroni si dedicò sin dal 1921, prevedeva un complesso monumentale che doveva sorgere sopra Maderno, che si poteva raggiungere dal centro abitato tramite un’imponente scalinata a doppia elica; il sacrario doveva essere circondato da grandi mura, e nei desideri del poeta avrebbe dovuto essere addobbato di gonfaloni, bandiere ed emblemi a memoria dell’impresa. Abbandonato per problemi finanziari e burocratici.
Venne invece avviato il cantiere di Villa Cargnacco che proseguì fin dopo la morte del Vate. La villa, che era già una proprietà dello storico dell’arte tedesco Heinrich Thode, e gli era stata confiscata allo scoppio della Grande Guerra, essendo rimasta abbandonata per 6 anni, versava in cattive condizioni, ma conteneva ancora libri, quadri e mobili dello studioso. Il poeta dapprima la prese in affitto facendovi alcuni interventi per renderla abitabile, e il 31 Ottobre del 1921 la comprò. Ciò che gli permise di ottenere i mezzi economici per gli ampliamenti e la grandiosa ristrutturazione, che andarono avanti di pari passo, fu l’atto, compiuto nel 1923, di donazione della villa allo Stato italiano, con l’intenzione di farne un monumento nazionale, che venne perfezionato nel 1930. In questo modo si configurava una commistione tra pubblico e privato per cui veniva realizzata una residenza personale con fondi statali. Anche con la ferma volontà di mantenere il poeta lontano dalla vita politica e da Roma, confinato in una sorta di esilio dorato si spiegava la compiacenza, manifestata più volte da Mussolini. In questo clima celebrativo la funzione di Gian Carlo Maroni dovette essere in maniera sostanziale, oltre che di collaboratore, progettista ed esecutore delle idee e dei desideri di d’Annunzio, di organizzatore dei rapporti con gli artisti ed ogni maestranza nel cantiere, realizzando un processo laborioso di identificazione tra progettista e committente. Infine, all’architetto si devono anche gli acquisti degli arredi e dei materiali sulla base delle richieste del poeta stravaganti ed infinite. Sono opera del Maroni tutti gli edifici di cui si compone l’articolata struttura architettonica del Vittoriale. Gabriele d’Annunzio, per isolarsi in maniera ulteriore da altre eventuali edificazioni, negli anni proseguì a comprare nuovi terreni.
Dal 1922 Gian Carlo si trasferì al Vittoriale dove rimase tutta la vita in qualità non solo di architetto, ma anche di conservatore della villa e segretario. Dal 1934 abitò nel Casseretto (in gergo marinaro ponte di comando), un rustico preesistente che venne riadattato a suo studio – abitazione, e fu insignito in maniera ufficiale del titolo di primo soprintendente quando il Vittoriale diventò fondazione (Vittoriale degli Italiani), nel 1937. L’ingresso alla cittadella fu realizzato da esso tra il 1926 e il 1930 ed è costituito da un doppio arco di accesso, l’uno porta allo Schifamondo e alla Prioria, la palazzina principale, l’altro al Casseretto, al teatro all’aperto e alla villa Mirabella. La facciata della Prioria, la cui trasformazione cominciò nel 1924, secondo i dettami del poeta segue il disegno del palazzo del Podestà di Arezzo ed è arricchita di iscrizioni e stemmi in ordine sparso; il prospetto è completato da un pronao in pietra di Verona sovrastato da un balcone con ringhiera. Ogni nome ed architettura che la definisce al Vittoriale segna un richiamo da iconografie e luoghi del passato alla ricerca di un’italianità che fece da subito del complesso non soltanto un luogo pubblico ma anche un emblema dell’identità nazionale. La Prioria, che è il risultato del rifacimento della villa di Thode, fu l’abitazione del Vate dal 1921 fino alla sua morte. Il Maroni non solo si occupò di ristrutturare la villa ma procedette anche nel progettare gli scaffali e i mobili. Sono su suo disegno le sedie e gli scaffali della sala del Mascheraio, i caminetti delle stanze del Giglio e della Musica, le scaffalature della sala del Mappamondo e della Leda e quelle dell’Officina, lo studio di Gabriele dove l’architetto disegnò anche i tavoli, rifacendosi ai dipinti di Carpaccio. Nel 1926, che fu l’anno della realizzazione di quest’ultima sala, il Maroni cominciò a lavorare alla nuova ala dello Schifamondo, che venne ultimata dopo la morte del poeta. Il monumento conclusivo del complesso è il mausoleo. Il d’Annunzio lo voleva già dal 1930 e aveva previsto un’arca sorretta da 4 colonne. La sua progettazione fu iniziata dall’architetto nel 1940, venne realizzato in marmo bianco sul punto più alto del Vittoriale e costituisce una sorta di cittadella sacra formata da terrazze circolari concentriche ispirate alle tombe a tumulo romane. L’arca del poeta fu posta al centro, sulla sommità dell’edificio circondata da quelle di 10 legionari di Fiume. La salma di d’Annunzio vi è stata traslata solo in occasione del centenario della nascita, nel 1963, quando il mausoleo venne inaugurato.
Nel Vittoriale c’è la testimonianza di come il Maroni aveva una capacità di controllo notevole di ogni scala di attuazione del progetto architettonico: dal rapporto con il paesaggio alla verifica del dettaglio costruttivo.
Contemporaneamente all’impegno nel grande cantiere del Vittoriale, Gian Carlo si dedicò ad altri interventi presso Riva del Garda, fra cui la realizzazione del campo sportivo che fu progettato nel 1921, ripreso nel 1928 e terminato 3 anni dopo. L’architetto sperimentò con successo le nuove potenzialità del cemento armato nel particolare degno di nota della copertura a sbalzo della tribuna. Inoltre non vanno dimenticati 2 suoi progetti legati al rinnovamento turistico di Riva del Garda che furono: la creazione di uno stabilimento balneare detto Spiaggia degli Olivi e la ristrutturazione dell’hotel Sole, oltre alla partecipazione alle scelte progettuali della centrale idroelettrica del Ponale. La Spiaggia degli Olivi era uno stabilimento balneare moderno richiesto dalla valorizzazione turistica della città. Il Maroni si accinse a progettarlo dal 1932 e la sua inaugurazione ci fu 2 anni dopo. Il progetto fu sostenuto molto e riscosse un indubbio successo presso gli organi di stampa e le autorità politiche locali. Si tratta di un’opera di grandi ambizioni, quasi un’architettura ideale, con stilemi reiterati e forme riprese dal mondo classico. È notevole il trampolino – faro, dove è sintetizzata la figura di un architetto incerto nella scelta tra un eclettismo di maniera e un modernismo schietto.
Il grande Gian Carlo Maroni morì a Gardone Riviera nel 1952, e fu compianto anche dalla vedova del poeta Maria di Gallese, che considerò la sua scomparsa una seconda morte del marito Gabriele d’Annunzio.