L’Automobile è femminile, lo ha deciso d’Annunzio dopo una lunga diatriba. Altri, come Marinetti, sostenevano fosse maschile.
(DAM) Pescara – L’esteta e superonista Gabriele d’Annunzio, oltre che un grande seduttore e amatore di donne, era appassionatissimo di motori, della velocità, di auto, velivoli e le imbarcazioni a motore.
Tralasciando in questo speciale il rapporto particolare tra il Vate e gli aeroplani e le imbarcazioni a motore, ci occuperemo di una curiosità che lega indissolubilmente d’Annunzio al mondo dell’automobile, dopo che su Agenzia Stampa Italia ho già trattato del mitico incontro tra Tazio “Nivola” Nuvolari e Gabriele “Vate” d’Annunzio, proprio in occasione del 71esimo anniversario della scomparsa del mitico pilota mantovano che insieme al poeta – soldato hanno segnato un’epoca e rappresentato uno status simbol per generazioni di Italiani.
Il d’Annunzio ultimo degli umanisti rinascimentali e ultimo padre della Patria del Risorgimento, ha contribuito in modo determinate alla formazione della identità nazionale italiana, anche con usi, costumi, abitudini che sono diventati punto di riferimento, modelli per tutti; modi di dire e frasi che sono entrate nell’uso comune e nel vocabolario della lingua italiana.
A tal proposito, racconteremo di quando, grazie a d’Annunzio, l’automobile è diventata in lingua Italiana un sostantivo femminile, quindi, indirettamente, legandola al famoso detto “Donne e Motori, Gioie e Dolori”.
Intanto, va fatta una premessa e detto che Gabriele d’Annunzio da superonista per antonomasia e protagonista della sua epoca, quella della Belle Époque, caratterizzata per la fiducia incondizionata e smisurata nel progresso tecnico, era favorevole ai nuovi mezzi di comunicazione di massa in genere (anche macchina fotografica e cinepresa in quanto mezzi di propaganda) e di trasporto in particolare, come automobili e aeroplani che esaltava e celebrava nei suoi scritti, arrivano ad umanizzarli e a legarli non solo al suo concetto estetico del bello, ma soprattutto all’idea di superonista che non si accontenta di contemplare il bello della vita o della società, ma vuole modificarla affermando se stesso e la sua visione del mondo. Così, anche l’automobile diventa uno strumento per le grandi imprese dannunziane (basta pensare, ad esempio alla Fiat Tipo 4 con cui il Comandante entrò a Fiume ancora ammirabile al Vittoriale), un mezzo per permettere al Superuomo che vuole plasmare la società in base ai suoi sogni, di dominare le leggi della fisica, superando gli ostacoli, spostandosi velocemente da una parte all’altra, in una virilistica competizione, sempre sulla lama del rasoio, con altri uomini e la natura stessa.
Ma, veniamo ai fatti, a cavallo fra la seconda parte dell’Ottocento e i primi del Novecento l’automobile faceva i suoi primi chilometri, e allo stesso tempo alimentava una diatriba linguistica inerente al fatto se fosse un sostantivo maschile o femminile. Infatti, finché il termine rimase un aggettivo, come quando nel 1876 dalla Francia si diffuse in Italia, poteva essere concordato tanto al femminile (“vettura automobile”/”carrozza automobile”) quanto al maschile (“carro automobile”/”veicolo automobile”), ma quando, nel 1890, la parola iniziò a essere usata come sostantivo, si creò la diatriba tra letterati se fosse maschile o femminile.
In Francia, l’auto veniva declinata prevalentemente al maschile, perciò inizialmente prevaleva questa interpretazione. Fra i fautori del genere maschile del sostantivo automobile c’era Alfredo Panzini che nel suo Dizionario Moderno del 1905 la scriveva prevalentemente così, oppure il Futurista Filippo Tommaso Marinetti che nel Manifesto Futurista del 5 febbraio 1909, al punto 4, scrisse: “la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia…”.
Ma le cose cambiarono nel 1920, allorché scese in campo sulla diatriba Gabriele d’Annunzio con la sua autorevolezza conquistata anche a livello socio – politico con le grandi imprese durante la Grande Guerra del 1915/1918 e l’impresa fiumana: il 18 febbraio del 1920, Gabriele d’Annunzio in una lettera, pubblicata dal Corriere della Sera il 27 ottobre 1923, indirizzata al Senatore Giovanni Agnelli presidente e fondatore della Fiat, nonno dell’Avvocato Gianni Agnelli scrisse per ringraziarlo della Fiat 509 che l’imprenditore torinese gli aveva regalato:
“Mio caro Senatore, in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza. Inclinata progreditur. Le sono riconoscentissimo di questo dono elegante e preciso. Ogni particolare è curato col più sicuro gusto, secondo la tradizione del vero artiere italiano. Per consacrare l’accertamento del genere masc. o fem., ormai determinato dalla novissima macchina, Mastro Paragon Coppella, orafo del Vittoriale, osa offerire alla Sua figliuola e alla Sua nuora questi infallibili talismani. Le stringo la mano“.
Così da quel momento, grazie a d’Annunzio, é risolta definitivamente la diatriba semantica sul sesso dell’automobile: é femminile. É l’automobile, soprattutto quella potente, é entrata far parte, grazie a d’Annunzio, degli stereotipi del seduttore italiano per antonomasia.
A ricordo dello storico contributo dato dal Vate al sesso dell’automobile, dal 2017, nello storico parcheggio all’ingresso del Vittoriale degli Italiani, é possibile ammirare il Museo “L’Automobile è Femmina”, dove si possono vedere, tra le altre cose la FIAT Tipo 4, con la quale il Comandante entrò a Fiume, e l’Isotta Fraschini Tipo 8B, ultima automobile del Vate. Dal 2019, é rientrata al Vittoriale la mitica Alfa Romeo Soffio di Satana 6C 2300 T.
Cristiano Vignali
La lettera scritta da Gabriele d’Annunzio a Giovanni Agnelli della Fiat: