L’Aquila: Giovanna di Gianfrancesco parla del suo nuovo libro sul “Mobbing”

(DAM) L’Aquila – La psicologa del lavoro Giovanna Di Gianfrancesco, ha recentemente pubblicato la sua ultima fatica editoriale: “Mobbing: Analisi del fenomeno e profili comparatistici nel diritto Internazionale”, i cui ricavi saranno interamente devoluti all’Associazione “Penelope On”.

Trattasi di un’opera pressoché unica nel suo genere in Italia, in vendita online presso “Lulu.com”, “Amazon”, “Mondadori Store”, acquistabile anche presso la Libreria “Maccarone” di L’Aquila. In merito c’è stata fornita la seguente descrizione dell’opera:

 “Una trattazione completa che affronta la complessa tematica del mobbing nell’ambito lavorativo, l’eziologia, i protagonisti, i comportamenti e le condotte sanzionabili, raccogliendo inoltre le varie definizioni date al fenomeno da parte delle scienze psicologiche, sociologiche e giuridiche.

 Nel capitolo dedicato alle teorie ed alle ricerche del fenomeno, per meglio comprendere le ricadute del mobbing sull’organizzazione aziendale, l’autrice traccia un breve itinerario delle principali teorie organizzative, da utilizzare come spunto di riflessione.

 Il mobbing viene esaminato inoltre per l’interesse dato dalla tutela giuridica e l’evoluzione giurisprudenziale nell’ordinamento italiano in tema di “maltrattamenti sul luogo di lavoro”.

 L’analisi comparatistica fra il diritto comunitario ed internazionale ed il quadro normativo italiano permette di cogliere le differenti tutele giuridiche.

A tal proposito, noi abbiamo posto alcune domande all’autrice per conoscerla meglio e per approfondire le tematiche trattate nel suo libro: 

1) Ci parli di lei e delle sue attività professionali…
 “Dopo anni di studi trasversali in materie socio-psico-giuridiche, sono diventata una psicologa e criminologa con  diverse specializzazioni, fra le quali: psicologia del lavoro, psicologia forense,  selezione, valutazione e sviluppo delle risorse umane, scienze politiche – indirizzo relazioni internazionali ecc.   Sono anche una mediatrice familiare e svolgo docenze per diversi Enti e Amministrazioni, fra le quali il Ministero della Giustizia.  Inoltre sono consulente tecnico di parte  con competenze in  Mobbing e stress lavoro correlato, separazioni e divorzi, violenze ed abusi su donne e minori.  Le attività vengono da me svolte in maniera volontaria  presso l’Associazione Penelope onlus, della quale, fra l’altro, sono la presidente”. 

2) Come è nata l’idea di scrivere un libro sul mobbing?

“Non posso sottacere che l’argomento mobbing è a me molto caro, in quanto è stato oggetto non solo di studi universitari, approfondimenti post laurea ed incarichi professionali, ma in passato ho avuto a che fare con questo fenomeno in via diretta. Tuttavia ho scritto questo libro perché  ho voluto sperimentare qualcosa di diverso e,  attraverso un lungo lavoro di ricerca (credo o meglio spero, originale),  ho analizzato il mobbing dal punto di vista del diritto comunitario ed internazionale.

Difatti, dopo aver affrontato la tematica in tutti i suoi aspetti mutuandoli dalle varie scienze sociali, economiche e giuridiche che se ne sono occupate e le ricadute sull’ organizzazione aziendale, ho effettuato una comparazione giuridica confrontando l’ordinamento italiano con quello comunitario, dei singoli paesi europei e del diritto internazionale”.

3) Ci parli brevemente del mobbing…

“Non c’è una definizione univoca di mobbing, esso consiste in una serie di atti vessatori e intimidatori, messi in atto da un mobber nei confronti di un mobbizzato, culminanti in una vera e propria violenza psicologica sul posto di lavoro  tesa all’annientamento psico-fisico del lavoratore. Tali condotte persecutorie vengono messe in atto deliberatamente e ripetutamente nel tempo dal datore di lavoro e/o dai colleghi nei confronti di un soggetto designato, allo scopo di allontanarlo dal luogo di lavoro e sono tali da porlo in una condizione di estremo disagio caratterizzato da isolamento e terrore psicologico che può portare a gravi squilibri psico-fisici.  Le forme rituali di comportamento mobbizzante nei confronti della vittima possono consistere in aggressioni verbali, isolamento fisico e comunicativo, attacchi alla reputazione morale, familiare e professionale, molestie sessuali, dequalificazione e demansionamento professionale, sanzioni disciplinari pretestuose, revoca o diniego  di ferie e permessi ecc.

Il termine, di matrice anglosassone, deriva dal verbo To Mob, ossia aggredire, malmenare, accerchiare, e fu utilizzato per la prima volta dall’etologo Konrad Lorenz, per descrivere i comportamenti di alcuni animali in branco.

Nel nostro paese il quadro normativo è molto complesso, non esiste una normativa specifica, tuttavia la tutela giuridica viene attuata utilizzando in via interpretativa alcune norme già presenti nel nostro ordinamento: disposizioni internazionali e comunitarienorme costituzionali, regole civilistiche e penali.

E’ il codice civile lo strumento più utilizzato mediante il ricorso all’articolo 2043 (responsabilità aquiliana o extracontrattuale), all’art. 2087 (tutela dell’integrità psicofisica del lavoratoree all’art. 2103 (danno alla professionalità).  Le condotte mobbizzanti, nei casi più gravi possono integrare responsabilità di tipo penale ad esempio violenza privata, violenza sessuale, lesioni personali ecc, o violare disposizioni sulla sicurezza e salute dei lavoratori di cui al D. Lgs. 81/2008.

In assenza di una specifica disciplina in materia, è stata la giurisprudenza di legittimità e di merito (Cassazione, Consiglio di Stato ecc) a circoscrivere la fattispecie e a delinearne le responsabilità e la risarcibilità, con l’emanazione di numerose sentenze”.

 
4) Come è affrontato il problema del mobbing in Italia rispetto agli altri maggiori paesi europei ed internazionali?

 

“Passando alla comparazione giuridica con gli altri ordinamenti, c’è preliminarmente da osservare che l’UE ancora non ha fornito alcuna risposta giuridica al mobbing. Qualche riferimento indiretto emerge da alcuni documenti comunitari relativi alle pari opportunità e alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il mobbing trova tutela generale nel diritto comunitaro nella Carta Comunitaria dei Diritti Fondamentali dei lavoratori (Strasburgo 1989) , nella Carta dei Diritti Fondamentali (Nizza 2001)e più recentemente nella Risoluzione del Parlamento Europeo del 20 settembre 2001.

Esaminando il diritto interno dei singoli paesi comunitari, l’esame comparatistico del quadro normativo e giurisprudenziale evidenzia come i paesei scandinavi siano stati i pionieri sul piano del riconoscimento normativo del mobbing. Infatti in Danimarca, Norvegia e Svezia le leggi sul lavoro, contenenti espliciti riferimenti alle implicazioni psicologiche risalgono addirittura al 1975. La Svezia in particolare si è dotata di una apposita ordinanza avente valore di legge.

Espicita menzione del termine mobbing è rinvenibile nel diritto austriaco soltanto all’interno del Piano per la parità uomo-donna. L’ordinamento tedesco non prevede alcuna specifica normativa, anche se la tutela può desumersi dalla normativa a portata generale quali la Costituzione Federale e il Codice Civile e,  nei casi più gravi, il codice penale. La Germania comunque negli ultimi anni, attraverso la previsione di una serie di periodici incontri aziendali,  sta cercando di creare una cultura organizzativa consapevole. Anche in Svizzera non è stata emanata alcuna legge specifica, la tutela comunque viene garantita attraverso il ricorso a norme generali. In Belgio l’harcelement moral (come viene definito il mobbing nei paese francofoni) trova tutela soltanto dalla giurisprudenza in quanto anche qui il fenomeno ancora non viene regolato da apposita legge.

Discorso a parte merita la Francia, la quale dopo la Svezia è il secondo paese comunitario ad essersi dotato di uno strumento legislativo specifico contro l’harcelement moral, lungamente dibattuto in parlamento e che ha subito parecchie  integrazioni  e modificazioni.

Nel Regno Unito, come del resto in tutti i paesi anglofoni, si parla di Bulling at work e per quanto riguarda la sua tutela giuridica anche qui manca una autonoma disciplina. Tuttavia il “Protection fron Harassment Act” e il “Sex Discrimination Act”, forniscono adeguate tutele generali. L’equivalente del concetto di mobbing in Spagna è l’Acoso Moral, che non ha trovato una normativa ad hoc ma viene tutelato dalla dottina e dalla giurisprudenza che man mano si è formata.

Muovendoci nel campo del diritto internazionale, particolare importanza rivestono la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e i vari patti ONU in tema di diritti fondamentali.

Negli Stati Uniti il quadro normativo è molto simile a quello della Gran Bretagna, difatti il Bulling at workplace ancora non ha trovato alcun riconoscimento legislativo specifico, tuttavia alcuni stati come ad es. Arizona, California e Wyoming, hanno introdotto il concetto dei c.d. “danni mentali” o mental injury.

In Australia il mobbing viene spesso ricondottonell’alveo del codice penale, soprattutto quando comporta forme di discriminazione in base al sesso o di molestie sul luogo di lavoro (Antidiscrimination Act).

Se la molestia sessuale sul luogo di lavoro è stata considerata un grave problema in Canada già alla fine degli anni 70, le molestie psicologiche non hanno trovato l’opinione pubblica altrettanto sensibile, tant’è che sono state affrontate politicamente soltanto agli inizi degli anni 2000.

Concludendo, nel nostro paese, come in altri, il mobbing non ha trovato un’autonoma disciplina. Ad ogni modo, fortunatamente , il concetto di molestie e discriminazioni è approdato grazie alla disciplina comunitaria (D.Lgs 215/93 e 216/2003).

A differenza di altri paesi europei quali Norvegia, Svezia e Francia, la mancanza nell’ordinamento italiano di una normativa che definisca in modo chiaro ed univoco il mobbing sia sotto il profilo preventivo che sanzionatorio, rappresenta un vuoto di tutela da colmare al più presto”.

La Redazione di Discovery Abruzzo Magazine