L’ancestrale rito del “taglio” della tromba marina a Francavilla

(DAM) Francavilla al Mare – Un aspetto peculiare della cultura abruzzese risiede nelle credenze e superstizioni popolari, da secoli tramandate di generazione in generazione e custodite nelle memorie familiari. Tali racconti fanno parte di un differente tipo di approccio nei confronti della vita e della realtà, le cui radici si perdono nel passato più lontano. L’essere umano è stato da sempre, infatti, affascinato e intimorito da tutto ciò che gli era ignoto e che ai suoi occhi costituiva, contemporaneamente, una sfida e un pericolo. Il suo rapporto con la natura, in particolare, è storicamente costellato da fantasiose spiegazioni, al giorno d’oggi poco diffuse, che egli ha cercato di fornire per esorcizzare le paure delle quali era vittima.

I fenomeni atmosferici avversi venivano considerati di origine maligna

Alcuni fenomeni atmosferici, quali: temporali (chiamati “castighi di Dio”), grandine, fulmini e tempeste, anticamente avevano un’accezione più o meno maligna. “Lu Vutarèlle”, letteralmente un “vento vorticoso”, era in realtà uno spirito malvagio capace di scaraventare a grande distanza sia animali che esseri umani. Anche la tromba marina (“lu scijòne”), molto temuta dai pescatori, veniva generata improvvisamente dal diavolo per rovesciare le barche in mare aperto.

Il rito del “taglio” de “lu scijòne”

Essendo molto difficile prevedere ed evitare le trombe marine, i pescatori utilizzavano uno stratagemma particolare per allontanare il pericolo. Questo rito apotropaico consisteva nel tagliare “lu scijòne” con un coltello dal manico nero, o con la scure, segnando a croce l’aria nella direzione del vortice, al fine di scioglierlo. Mentre l’oggetto acuminato lentamente tracciava il segno, il marinaio addetto alla pratica recitava uno specifico rituale:

Ggesù, Ggiusepp’ e Mmarije,
Bbrutte tèmbe me vète menije.
Veùne d’acqu’ e’nn’atre de vènde,
‘N’atre le porte le mmale tèmbe.
Pozza jì, ‘n ghela valla scheùre,
Ddò’ nen ze vète no ssol’ e nno leùne.
Pozza ji’n fonne de mare,
Addò n’n ge stanne no vvarch’ e nno nnave.
Vicce, vicce Madonna de Palène:
Squajje’s se nuvle che te sta arrète.

Iniziava con “Gesù, Giuseppe e Maria, brutto tempo deve arrivare”. Spesso l’invocazione era rivolta al Santo protettore del paese interessato e proseguiva con una colorita descrizione in versi dell’evento da scongiurare. “Ddò nen ze vète no ssol’ e nno leùne. Pozza ji’n fonne de mare”. (“Dove non arrivano nè la luce del sole nè quella della luna. O in una fossa in fondo al mare”).”Addò n’n ge stanne no vvarch’ e nno nnave”. (“Dove non navigano né barche né navi”). Infine, terminava con la raccomandazione di dirigere “lu scijòne” in una valle oscura:”Vicce, vicce Madonna de Palène: Squajje’s se nuvle che te sta arrète”. (“Vieni, vieni Madonna della Penna, disperdi questa nuvola e i danni che provoca”).
Condizione imprescindibile affinchè il turbine si sciogliesse definitivamente era la precisione del taglio; se il coltello colpiva il centro, il turbine era definitivamente “libero”, in caso contrario poteva di nuovo tornare.
In aggiunta a questo rituale a Francavilla al Mare vi era quello che il sacerdote metteva in atto dall’altana della chiesa. Quando nel cielo si avvicendavano nuvoloni scuri, che facevano presagire l’arrivo di una tempesta, il mezzo per scongiurarla era il rintocco ininterrotto di tutte le campane delle chiese. Il religioso, con il reliquiario di San Franco fra le mani, tagliava i sifoni che nascevano in alto mare. Ogni famiglia metteva poi un campanello benedetto fuori dalla finestra, o un pugno di fiori secchi o un oggetto di ferro per allontanare gli spiriti negativi.

Il fenomeno del taglio dei vortici, oramai poco praticato, è tutt’oggi poco indagato dagli studiosi di antropologia. La motivazione di tale mancanze risiede essenzialmente sulla segretezza di tale pratica, che ha reso difficoltosi sia la documentazione sia lo studio del fenomeno. Tuttavia l’aura di estrema discrezione entro la quale tale pratica è stata tramandata per secoli le ha attribuito un particolare fascino.

Fonte: “Francavilla nella storia e nell’arte” di Teodorico Marino.

Foto tratta da Wikipedia.

Maria D’Argento – Discovery Abruzzo Magazine