La psicologa Valentina Tatasciore: “Anche la personalità influenza le malattie cardiovascolari”

(DAM) San Giovanni Teatino (Ch) – Nella cornice storica in cui viviamo i casi di decesso per malattie cardiovascolari restano numerosi
e sorge inevitabile il desiderio di capire se esiste correlazione con i disagi psichici originati da uno
stile di vita inadeguato e da stimoli nocivi che assorbiamo e fagocitiamo nel nostro quotidiano.
Il nesso che intercorre tra tipi di personalità e malattie cardiovascolari va individuato a partire dalla
definizione di personalità vista non come una realtà naturalmente ed oggettivamente data, ma un
insieme di processi psicologici (stati mentali, costrutti auto percettivi, schemi interattivi) prodotti
dalle persone in interazione con l’ambiente, all’interno di contesti simbolici, normativi e storico￾culturali.
Verso la metà degli anni ’50, un gruppo di cardiologi americani avanzò l’ipotesi che uno dei fattori
eziologici indipendenti dalla malattia coronarica fosse una specifica modalità di rispondere a certe
sollecitazioni ambientali. Infatti, i tradizionali fattori di rischio coronarico (età, ipertensione, diabete,
fumo, ipercolesterolemia) non erano in grado da soli di spiegare il preoccupante aumento delle
maggiori malattie cardiache a cui si assisteva in quegli anni. Si giunse alla definizione di uno
specifico modello emotivo-comportamentale di tipo A (TABP).
La PERSONALITA’ DI TIPO A fu descritta nel 1959 da Friedman & Rosenman ed è predisposta
alle malattie cardio-cardiovascolari. Si tratta di un complesso di comportamenti ed emozioni
riscontrabili in persone che si sentono costantemente in lotta, in quanto tendono a raggiungere
quanti più obiettivi nel minore tempo possibile, e si contrappongono ininterrottamente alle persone
che pongono ostacoli alle loro intenzioni. Questa costellazione di emozioni e comportamenti
costituiscono un vero e proprio stile, un modello, che il soggetto adotta automaticamente per
fronteggiare le esigenze di un ambiente che lui “percepisce” come antagonista e che è
intenzionato a controllare. L’ostilità è la componente che più caratterizza il “tipo A”, che emerge
nelle situazioni di frustrazione, quando il soggetto ha la sensazione di non riuscire ad “avere il
controllo” che vorrebbe, sia sulle proprie azioni sia sull’ambiente che lo circonda. Studi più recenti
hanno scoperto un’associazione positiva di questo tratto di personalità con la malattia periferica
delle arterie (Deary et al., 1994; Julkunen et al., 1994) e con l’ipertensione (Jamner et al., 1993).
Nel 1995 venne introdotto un nuovo fattore psicosociale di rischio cardiaco, la personalità di tipo
D (distressed personality). Diversamente dal modello emotivo-comportamentale di tipo A, il
costrutto relativo alla personalità di tipo D è stato esplicitato dall’inizio come un globale insieme di
tratti, all’interno del paradigma meccanomorfico. La PERSONALITA’ DI TIPO D essa è associata
a persone che provano spesso emozioni “negative” (depressione, ansia, rabbia) e tendono a
reprimerle. La descrizione del “tipo D” corrisponde a quello che comunemente appare come un
individuo cronicamente stressato, turbato da preoccupazione e insicurezza, in preda a sentimenti
di tensione, ansia, rabbia e, soprattutto, tristezza. Nei comportamenti, questa persona tende ad
essere inibita, insicura in presenza di altre persone, è poco assertiva e non è predisposto alla conversazione: la sua strategia è il ritiro. E’ stato dunque dimostrato che pazienti affetti da
cardiopatia e con una personalità di tipo D hanno un rischio di morte quattro volte superiore
rispetto ai pazienti non di tipo D.
Alla luce di questo quadro si rimanda necessariamente ad una stabile prevenzione che miri ad uno
stile di vita sano in cui gli individui riescano a canalizzare i pensieri negativi e le emozioni di ostilità
e rabbia verso azioni utili. Diviene allora vitale “allegerire” i propri pensieri, distrarsi attraverso
attività di interesse, trovare alternative allo status che diventa soffocante. Bisogna imparare a
prendersi cura della propria parte immersa nel tessuto sociale, in quella familiare così come in
quella lavorativo. Le relazioni sono parte fondamentale per la crescita personale, comprendere se
stessi e gli altri, avere un confronto con uguali o diverse realtà e pensieri sperimentando la
tolleranza e l’accettazione come spinte propulsive ad un cambiamento migliorativo.

Per info vedi anche: http://www.omnibus-salute.it

Dott.ssa Valentina Tatasciore
Psicologa –Psicoterapeuta