L’Origine del nome Abruzzo

(DAM) Abruzzo – Dalla forma più antica del nome “ABRUZZO”, raccontata dallo storico dell’arte Sergio Caranfa, scopriamo che nel 968 dopo Cristo si scriveva con la doppia “BB”.


Uno dei problemi di storia locale da sempre più dibattuti è quello relativo al nome Abruzzo.
L’origine e l’esatto significato di questo coronimo non sono chiari e hanno dato luogo nel corso dei secoli a svariati tentativi d’interpretazione, con ipotesi, a volte fantasiose, che non hanno ancora
fornito una spiegazione sufficientemente valida e universalmente accettata.

Senza entrare nel merito di questa diatriba, mi limiterò a sottolineare che il termine Abruzzo compare già agli inizi dell’Alto
Medioevo nella forma latina Aprutium-Aprutio, esclusivamente riferito all’ambito territoriale dell’antica Interamnia Praetutiorum, l’odierna Teramo.

È dunque ragionevole supporre che il
coronimo derivi il suo nome dalla popolazione sabellica dei Praetutii, stanziata nell’area settentrionale dell’attuale regione Abruzzo, ma con un’evoluzione fonetica particolare e a tutt’oggi non del tutto chiarita.
Mi voglio invece soffermare su un’altra questione, e cioè se sia più corretta la forma con una sola “B” o quella con due “BB”.

La risposta sembrerebbe scontata. Qualsiasi insegnante davanti alla parola
scritta con due “BB” non esiterebbe a sottolineare con la classica matita blu quello che appare oggi un errore marchiano. Eppure sorprende non poco constatare che nella prima attestazione storica del
termine esso compare nella forma Abbruzzu, cioè con due “B”.

Il nome ricorre per la prima volta in
un placito dell’anno 968 presieduto da Pandolfo Capodiferro, principe di Benevento e marchese di
Spoleto e Camerino, tenutosi in loco Abenanu, comitatu Abbruzzu e riguardante alcuni fondi di
proprietà dell’abbazia di Montecassino.

Il documento è scritto in latino, come era normale all’epoca, ma in un latino scorretto, pieno di vocaboli ed espressioni che già preludono al volgare.
La forma in cui compare il coronimo, se da un lato attesta che era già avvenuto il passaggio dalla sorda “P” di Aprutium-Aprutio alla sonora “B”, un fenomeno linguistico tipico nel processo di
evoluzione dal latino alle lingue romanze (p. es. lat. secare → it. segare; lat. capra → sp. cabra), dall’altro è la spia che alla fine del primo millennio dell’era cristiana, e almeno nella lingua del volgo, la parola veniva pronunciata col raddoppiamento sintattico, analogamente a quanto avviene ancora oggi a livello dialettale.


Bibliografia:
RAFFAELLO VOLPINI, Placiti del “Regnum Italiae” (secc. IX-XI). Primi contributi per un nuovo
censimento, Milano 1975, pp. 452-454.
VEIKKO VÄÄNÄNEN, Introduzione al latino volgare, Bologna 1971.

Dott Sergio Caranfa
già funzionario storico dell’arte
della Soprintendenza ABAP dell’Abruzzo