‘Il Piacere” dannunziano e la crisi dell’Estetismo

(DAM) Pescara – Nel seguente breve speciale si vedrà come attraverso degli esempi, “Il Piacere” dannunziano rappresenta il punto di crisi dell’Estetismo nella visione ideologico – culturale del mondo nell’autore abruzzese.

Un’immagine proposta da Gabriele D’Annunzio è quella dell’intellettuale che si pone fuori dalla società borghese, e riporta in auge una condizione di privilegio dell’artista propria di epoche passate, e che sembrava tramontata in maniera definitiva. Il poeta però si rende conto ben presto del fatto che si tratta di una figura debole.

L’esteta infatti non ha la forza di opporsi in maniera reale non soltanto alla borghesia in ascesa ma anche al capitalismo, all’industrialismo e all’imperialismo ed è un uomo fragile in un mondo distrutto da conflitti e forze brutali.

Pertanto si ha una trasformazione del suo isolamento sprezzante in impotenza e sterilità e del culto della bellezza in menzogna e, dunque, la crisi della costruzione dell’Estetismo. La testimonianza più esplicita di tutto questo è il romanzo “Il Piacere“, nel quale si congiungono interamente l’esperienza letteraria e quella mondana che il poeta aveva vissuto fino a quel momento, al centro del quale si pone la figura dell’esteta Andrea Sperelli, che è un artista come i membri della sua famiglia e un giovane aristocratico.

Infatti, in un uomo dalla volontà molto debole come lui, il principio “fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte” diventa una forza distruttrice che non solo lo rende sterile e lo svuota, ma lo priva anche di ogni energia creativa e morale. La prova di questa crisi è data dal rapporto con la donna.

Ne “Il Piacere’ L’eroe è diviso fra due figure femminili: Elena Muti, la donna fatale (donna vampiro), l’incarnazione dell’erotismo lussurioso, e Maria Ferres, la donna pura, vista da Andrea come l’occasione di un riscatto. Nella realtà però l’esteta libertino mente a se stesso perché infatti la figura della donna angelo è soltanto l’oggetto di un gioco erotico più perverso e sottile, fungendo da sostituto di Elena, che continua ad essere desiderata da Andrea ma lo rifiuta.

L’esteta finisce per tradire la sua bugia con Maria e, dunque, viene abbandonato da lei e rimane solo con la sua sconfitta ed il suo vuoto. In realtà l’opera è percorsa da un’ambiguità, in quanto Andrea, con la sua amoralità (contro la morale) ed il suo gusto raffinato, non smette di esercitare un fascino sottile su D’Annunzio, motivo per cui “Il Piacere”  non rappresenta il distacco definitivo del poeta dalla figura dell’esteta anche se, allo stesso tempo, segna un punto di consapevolezza e di crisi.

Veronica TieriDiscovery Abruzzo Magazine