
(DAM) Gardone Riviera – Un sogno di Gabriele D’Annunzio era, sin da bambino, quello di vivere come un principe rinascimentale, ma finì per autoconfinarsi nell’esilio lussuoso del Vittoriale. Quest’ultimo è l’abitazione sul Lago di Garda dove il Vate avrebbe terminato i suoi giorni, con l’ingresso alla quale si aprì un anno cruciale per il poeta che fu il 1921. Tale posto sarebbe diventato il rifugio dell’eroe di guerra che ormai era scomodo per il regime che stava costruendo il duce, ma anche il museo che ne avrebbe esaltato le gesta e lo scrigno della sua cultura sconfinata. Grazie ad una moltitudine di soldi arrivata da finanziamenti governativi e dai contratti editoriali, la villa di Gardone Riviera si sarebbe dunque trasformata nel monumento al Vate. Era tuttavia una prigione dorata dalla quale D’Annunzio forse non doveva e non aveva la volontà di uscire.
Di quegli anni inquieti D’Annunzio era stato un protagonista, l’italiano più noto all’estero, l’uomo che aveva occupato le prime pagine dei quotidiani con imprese pertinenti alla guerra come il volo su Vienna, con la conquista di medaglie al valore e croci al merito. Era anche: giornalista e frequentatore di salotti, lo scrittore più tradotto ed acclamato, amante di una diva mondiale come Eleonora Duse e commediografo, idolo dei rivoluzionari e beniamino dei nazionalisti e trascinatore e seduttore della gioventù ribelle. Inventò perfino lo scudetto tricolore – che debuttò a Fiume – da cucire sulle maglie dei calciatori italiani al posto dello stemma sabaudo e slogan pubblicitari.
Era dunque un arruffapopoli dal fascino inarrivabile, nonostante la statura bassa e la perdita dei capelli. Così capace nel coltivare il culto della propria vita, elevata a opera d’arte, che nella città dalmata aveva organizzato un ufficio stampa per la comunicazione della sua impresa all’esterno.
Era stato tutto questo, ma non un fascista e considerava Mussolini con fare paternalistico.
In seguito questo rapporto peggiorò e, durante la presa di Fiume, il Vate mandò al capo del fascismo una lettera molto dura per esortarlo ad inviare soldi e uomini.
La sottoscrizione per i legionari dannunziani era stata aperta, per poi aver deviato sul movimento fascista. Per cui, quando nell’Aprile 1921 Mussolini – che si trovava in difficoltà – incontrò Gabriele per chiedergli di candidarsi alle elezioni politiche di Maggio, lo scrittore respinse l’offerta.
Nel 1922 Mussolini, D’Annunzio e Nitti dovevano incontrarsi per una riconciliazione pubblica e per la valutazione dell’ipotesi di un governo di largo respiro. Ma due giorni prima il Vate cadde dal balcone della stanza della musica, al Vittoriale. Si salvò per un pelo, rimanendo molti giorni tra la vita e la morte.
Egli stesso lo definì il “volo dell’Arcangelo”, e su di esso calò il mistero. Non si sa se fu un tentato suicidio o un attentato preparato ed organizzato in segreto da Mussolini.
Una ricostruzione recente e possibile tira in ballo la grande passione del poeta che erano le donne: sembra che D’Annunzio stesse ascoltando la musica suonata dalla sua compagna, Luisa Baccara, mentre si intratteneva sul balcone con Jolanda, la sorella di Luisa. Forse un approccio di troppo scatenò una reazione eccessiva.
Veronica Tieri