Cometa iperbolica sopra l’Abruzzo

Proviene dalla lontanissima nube di Oort, una regione invisibile che circonda il sistema solare, ricca di comete che impiegano oltre 200 dei nostri anni

per orbitare attorno al Sole. La zona della nube da cui le comete provengono dista decine di migliaia di volte la distanza media tra la Terra e il Sole, quindi molto più distante anche dell’ultimo pianeta del Sole, Nettuno. La nostra cometa denominata C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS, in particolare, ha un periodo dell’orbita dell’ordine di milioni di anni, tale è il tempo impiegato a “compiere giri” attorno alla nostra stella.

Ora, dopo essere passata a settembre dietro al Sole (prossima alla nostra stella anche meno di 60 milioni di chilometri), dà spettacolo, tanto vicina a noi da essere osservata. Ha appena toccato la distanza minima dalla Terra, quasi 70 milioni di chilometri, nella sua corsa all’inconcepibile velocità di decine di chilometri al secondo.

Eppure, data la natura della sua traiettoria iperbolica, il suo destino remoto è ritornare sulla sua orbita in quella sorta di abisso astronomico freddo e lontano dimostrato da Jan Oort, o persino essere perduta per sempre nello spazio interstellare della nostra galassia Via Lattea.

In questi giorni C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS comincia ad allontanarsi di nuovo dal Sole, e gli osservatori hanno modo di osservarla, anche senza strumenti ottici, in attesa della sua finale scomparsa nell’oscurità, lontano dalla luce che ci consente di vederla. Può ancora essere vista nel cielo già nel crepuscolo serale, prima che tramonti poco dopo il Sole, bassa all’orizzonte, ma comunque mai con la presenza in cielo del Sole accecante.

Come è noto, data la prossimità cui talvolta giungono questi corpi celesti, il calore del Sole genera la perdita di gas, ghiaccio e polvere dalle comete. Le particelle del vento solare colpiscono anche questi materiali, creando spesso, assieme alla stessa luce del Sole, le tipiche scie luminose delle comete.

Le prime decisive osservazioni di questa rara cometa, scoperta con precisione appena l’anno scorso, si devono all’Osservatorio cinese della Montagna Purpurea, e a un telescopio robotico in Sudafrica, gestito dal progetto hawaiano di prevenzione delle catastrofi astronomiche ATLAS.

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