Castilenti, la continuità del culto della Divina Vittoria nei millenni

(DAM) Castilenti (TE) – Sto portandolo avanti da tempo una ricerca sulle tracce degli antichi culti tradizionali italico – romani che sopravvivono nel folclore e nei riti religiosi delle singole realtà dell’Appennino Centrale, in particolare di quello Abruzzese.
Portando avanti una ricerca storico – antropologica sui culti delle Gran Madri Agrarie Appenniniche che sono stati assorbiti sincretisticamente dal Cristianesimo, soprattutto nel culto mariano, per convertire le popolazioni locali che abitavano i borghi di queste terre con la natura che domina un paesaggio fatto di montagne aspre e selvagge, mi sono imbattuto in una continuazione del culto della Dèa Romana Vittoria in quello di San Vittoria, a Castilenti, Comune della Provincia di Teramo alle pendici del Gran Sasso centrale, toponimo che secondo ultime e suggestive ipotesi, deriverebbe dall’insediamento di un castrum romano nella zona (Castro di Lentulo dal comandante Gneo Cornelio Lentulo Clodiano che combatté i pirati illirici nel 67 a e.c. che infestavano l’Adriatico, la cui Gens Cornelia Lentula potrebbe essere originaria della zona??? ) sito sull’antica via commerciale del sale lungo la strada che portava all’importante porto adriatico di Hatria Picena.
La sincretica trasformazione del culto della Divina Vittoria in quello di San Vittoria a Castilenti ci è stata fatta notare grazie a un post di approfondimento, sul mio gruppo Facebook Abruzzo History, di Antonio Di Donato che sta portando avanti, con l’amico – appassionato Graziano Paolone, delle ricerche tese alla riscoperta e alla preservazione delle identità locali e per un possibile sviluppo di un turismo esperenziale nella Vallata del Fino.
Ebbene sì, dando credito a una suggestiva ipotesi storica, pare che la Dea Vittoria quella citata anche da Goffredo Mameli nell”inno d’Italia, musicato da Michele Novaro “…..dov’è la Vittoria le porga la chioma che schiava di Roma Iddio la creò…” (facendo riferimento all’ usanza dei Romani di imporre ai vinti il taglio dei capelli delle loro donne immolati ritualmente alla Dea Vittoria), sarebbe un culto molto sentito a Castilenti.
La prova certa non si ha ancora, ma nella sua ricerca, Antonio Di Donato, ha fatto notare alcune coincidenze, degli indizi che potrebbero contribuire ad avvalorare questa ipotesi: 

Nel calendario romano il 28 agosto è il giorno in onore della Dèa Victoria (la cui statua venne fatta installare direttamente dall’imperatore Augusto nella nuova Curia Julia proprio il 28 agosto nel 29 a.e.c., poi rimossa dall’Imperatore Graziano, di religione cristiana, nel 382 e.c.), e a Castilenti quel giorno da sempre si svolgono delle celebrazioni folcloristiche e religiose come l’antica fiera del Piano di Campli. A Roma, il culto della Dèa Vittoria era molto sentito, inaugurato sovente dall’imperatore, e si svolgeva nel suo tempio dedicato sul Palatino ( Aedes Victoriae), sito secondo l’Archeologo Giacomo Boni vicino l’Arco di Tito, dove nel 1918 venne ritrovata una statua attribuita alla Vittoria a presagire il favore degli Dèi per il trionfo dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale.
Secondo la leggenda il Tempio della Divina Vittoria è stato costruito da Evandro (Pallante), semidio figlio di Mercurio e della Ninfa Carmenta, fondatore prima della nascita di Roma della città di Pallante cioè praticamente di uno dei villaggi che ha dato vita all’Urbe, alleato di Enea contro Turno Re dei Rutuli, ma è stato in realtà, costruito da Lucio Postumio Megello con i fondi delle multe raccolti quando era Edile e dedicato alla Dea Vittoria il 1 agosto del 294 a.e.c., anno del suo consolato. Il tempio, dal 204 a.e.c. al 191 a.e.c. ha ospitato provvisoriamente la pietra nera sacra il “betilo” della Magna Mater Cibele quando il tempio di quest’ultima era in costruzione. Vicino al tempio della Dèa Vittoria, Marco Porcio Catone costruì il tempio di Victoria Virgo.
Devoti della Dea Vittoria furono molti personaggi illustri dell’epoca repubblicana come Silla che istituì la festa della Victoria Sullana dopo la vittoria nella Battaglia di Porta Collina, Giulio Cesare con la Victoria Casearia e Ottaviano Augusto con la Victoria Augusta.
Nella religione tradizionale romana la Dea Vittoria rappresenta soprattutto la vittoria in battaglia, quindi associata alla dea della guerra Bellona, sincretisticamente identificata con la greca Nike, raffigurata come una giovane donna alata con in mano una corona di alloro nella mano destra, in attesa o in atto di incoronare il vincitore ossia il trionfatore, e nella sinistra un ramo di palma. A tal proposito, anche la statua della patrona di Castilenti, san Vittoria, sita nella chiesa parrocchiale di san Vittoria Vergine e martire (XIV secolo), ha un ramo di palma in mano.

Alla divina Vittoria, patrona celeste di Castilenti, il Sindaco durante la prima fase dura della pandemia di Covid ha donato la sua fascia tricolore, in simbolo di continuazione di un culto ancestrale italico che continua da millenni alle pendici del Gran Sasso, a testimonianza della continuità della Nazione Italiana dall’Età antica fino ai giorni d’oggi che vede nella società appenninica la sua spina dorsale.

Cristiano Vignali

Moneta Repubblicana con da un lato la Dea Vittoria e dall’altro presumibilmente Gneo Cornelioi Lentulo Clodiano. Probabilmente, la moneta celebra la sua vittoria contro i pirati illiri.
Statua della Divina Vittoria nella chiesa di san Vittoria vergine e martire, sincretisticamente divenuta Santa Vittoria con la palma nella mano sinistra e dall’altro lato anziché il globo come nelle immagini imperiali, presumibilmente il paese di Castilenti.