(DAM) Abruzzo – Quest’anno le festività del Carnevale avranno un sapore diverso dal consueto a causa del perdurare della pandemia, ma non per questo avranno minore rilevanza. Per assistere alle sfilate dei carri allegorici, creati dai maestri cartapestai, e per partecipare alle feste in maschera occorrerà, infatti, attendere l’anno venturo, in attesa che la campagna vaccinale produca i suoi effetti positivi sulla popolazione.
Un rito atavico e complesso
Il Carnevale abruzzese è una ricorrenza antica e complessa, ricca di significati ancestrali, la cui origine si perde nella notte dei tempi. E’ un rituale, per così dire, di “sovversione”, di rovesciamento delle parti, nel quale la tradizione e la trasgressione si intrecciano sotto la rispettabile guida della farsa.
Secondo autorevoli fonti storiche, le antiche popolazioni propiziavano l’avvento della bella stagione sul finire dell’inverno, allestendo banchetti gremiti di cibi e bevande, che riunivano intere famiglie ed amici. Anche oggi, come da usanza, dal giovedì al martedì grasso gli abruzzesi fanno scorta di prelibatezze tipiche della tavolata carnevalesca (come i ravioli, le zeppole, le castagnole, le frappe e l’immancabile “cicerchiata”, la cui forma circolare allude al costante rinnovarsi del ciclo naturale), prima del lungo periodo quaresimale. Alla vigilia delle Sacre Ceneri le vie dei paesi abruzzesi si tingono di mille colori con maschere, copricapi fioriti, nastri, coriandoli e scorte di personaggi dagli abbigliamenti eccentrici e bizzarri, mentre i falò riscaldano le fredde piazze dei borghi. Il momento culminante della festa è, tuttavia, rappresentato dalle danze, come il “saltarello”, basato sull’improvvisazione o la “spallata”, danza ostentata e ammiccante, e il ballo del “palo intrecciato”, nel corso del quale i giovani volteggiano in cerchio intorno ad un palo, dominato da un disco emblema del Sole nuovo, simbolo della fertilità agricola e della fecondità umana. I cortei attraversano i paesi, ballando e cantando, ed improvvisando lazzi e commenti satirici nei confronti dei politici e delle personalità più in vista con l’ausilio di catene e campanacci. Anche i canti pantomimici, tipici di alcune località alle pendici della Majella, contribuiscono a perpetuare un’atmosfera ludica e goliardica. Tipico della zona teatina è il canto dei “mesciarule”, nel corso del quale dodici personaggi, recanti un simbolo stagionale, descrivono le attività di ciascun mese mentre l’anno conclude ricordando la caducità di ognuno di essi.
Maschere tipicamente abruzzesi
Come in tutte le regioni italiane, anche l’Abruzzo ha le sue maschere tipiche. La più caratteristica, forse, è “Frappiglia”, un povero contadino che vendette la sua anima al diavolo in cambio di un piatto di pasta. Un’altro protagonista del carnevale abruzzese è “Patanello”, un ciabattino molto stravagante e dotato di grande carisma. Famoso per i suoi scherzi, amava frequentare le osterie e fare baldoria con gli amici.
Tra tutte le figure della festa, meritano particolare attenzione i “Pulcinelli” abruzzesi bianchi e colorati perché, oltre ad essere i più atavici, esternano la natura semidivina del rinnovamento vegetale. Infatti, presentano un enorme copricapo conico fiorito e indossano un abito ricco di simboli di potere e vistose sonagliere. I Pulcinelli fungono da veri e propri “maestri di cerimonia”, accompagnano le maschere e dirigono l’intera sfilata dei figuranti servendosi del campanaccio.
Maria D’Argento – Discovery Abruzzo Magazine
Fonte: – “Abruzzo. 150 antiche feste” di Maria Concetta Nicolai.