C’era una volta una lupa e ora non c’ė più….

Chieti – C’era una volta una lupa che correva felice fra monti, boschi, valli e colline dell’Abruzzo.

Cacciava le sue prede per istinto, per bisogno di nutrirsi, difendeva se stessa e i suoi cuccioli dagli attacchi di altri esseri viventi, non conosceva la cattiveria, l’ipocrisia, la falsità e l’avidità, tutti sentimenti negativi che contraddistinguono l’animo umano. 

C’era una volta una lupa che un giorno decise in cerca di cibo per i suoi cuccioli, seguendo un cinghiale lungo un tracciato che gli era famigliare perché era un antico tratturo che i suoi antenati usavano per raggiungere le greggi e le città degli esseri umani nella brutta stagione, di scorrazzare in un bellissimo colle boscoso abitato che oggi si chiama Chieti e che una volta era Teate.

C’era una volta una lupa che a contatto con gli esseri umani si sentiva bene, perché aveva cibo facile raccolto dagli avanzi che gli uomini lasciavano fuori le abitazioni, o tramite gli animali domestici vicino le case che poteva predare.

C’era una volta una lupa che nell’era digitale venne fotografata e filmata al ciglio della strada e vicino a delle case, pubblicata sugli organi di informazione e sui social, inconsapevolmente era diventata una attrazione, una leggenda, come i suoi antenati che erano gli implacabili predatori, le amorevoli allevatrici di infanti prodigio, fondatori di città che avrebbero dominato il mondo conosciuto o i messaggeri delle divinità nelle storie che gli umani raccontano ai loro figli.

C’era una volta una lupa di cui tutti parlavano in città per le sue apparizioni e prodezze, alcuni erano ammirati e contenti, altri avevano paura, ma lei stava per i fatti suoi e stava bene in guardia da non disturbare troppo l’uomo. 

C’era una volta una lupa e ora non c’ė più, ritrovata in questi giorni al ciglio della strada di Madonna della Vittoria la sua carcassa in decomposizione, uccisa da un automobilista che, secondo gli accertamenti dei veterinari e dei carabinieri forestali accorsi sul posto, non si sarebbe fermato a soccorrerla.
Morale della favola: gli esseri umani temono spesso ingiustificatamente i predatori del mondo animale perché vogliono sfuggire ai pericoli della natura, ma nel loro egoismo cosa fanno per evitare danni all’ecosistema in cui vivono? Quale rispetto hanno per gli altri esseri viventi?Cristiano Vignali – Presidente dell’Associazione Abruzzo Tourism