Speciale sulle automobili mitiche del Vate, in base alle informazioni disponibili raccolte.
(DAM) Pescara – Gabriele d’Annunzio era un grande appassionato di motori in genere, e di automobili in particolare che da vero esteta ispiravano la sua vena artistico – creativa, permettendogli, inoltre, da vero superonista di esplorare agevolmente il paesaggio italiano, superando i limiti fisici naturali.
Dalla stampa, il d’Annunzio era descritto come un automobilista spericolato, amante della velocità che sovente infrangeva le regole stradali e provocava lamentele dei pedoni.
Nelle opere dannunziane, le automobili diventano dei veri e propri esseri viventi, dei fedeli compagni di viaggio che permettono di compiere non solo viaggi reali su strada, ma anche percorsi ideali dello spirito, rispecchiando l’animo libero e soddisfacendo a pieno l’interesse per la modernità del Vate.
Tutto ebbe inizio nel 1907, durante il suo soggiorno in Francia, patria europea dell’Illuminismo e della prima automobile, ossia il “Carro di Cugnot” nel 1771, conservato nel Museo delle Arti e dei Mestieri di Parigi, capitale europea culturale della Belle Époque.
Il Vate, si innamorò dell’automobile il 10 agosto 1907 alla conclusione dei Raid automobilistico Pechino-Parigi, vinto dall’equipaggio italiano su Itala.
Da queste prime esperienze con le automobili d’Annunzio trae ispirazione per il romanzo, “Forse che sì forse che no”, pubblicato nel 1910, in cui il poeta esalta le nuove macchine che stavano cambiando la vita dell’uomo.
La prima automobile di d’Annunzio, risale al 1908, quando il poeta aveva già 45 anni, una Florentia 18 CV targata 21 – 445 di colore rosso, velocità massima di circa 70 km/h. In quegli anni, fra le classi più agiate e progressiste in Francia, ma anche in Italia, iniziavano a diffondersi le automobili; la macchina in questione era rossa come quella con cui l’aviatore Paolo Tarsis, personaggio del romanzo “Forse che si Forse che no”, fa un avventuroso viaggio sulle strade italiane dell’epoca, non certo come quelle di oggi che, in gran parte seguivano ancora gli antichi tracciati delle strade romane e dei tratturi e che d’Annunzio conosceva. Il 18 marzo 1910, la Florentia é venduta a Giovanni del Guzzo di L’Aquila.
Successivamente, il poeta abruzzese ha avuto una De Dion Bouton e alcune automobili di lusso come la Rolls-Royce Silver Ghost e la Mercedes-Benz 28/95, una Fiat 501 e una Fiat Zero, usate a Fiume e, inoltre, una Fiat 3 A che sarebbe la macchina che compare nelle fotografie dell’Illustrazione Italiana n. 35 del 1919 che documenta la marcia dei legionari dannunziani verso Fiume. Un modello di questa ultima auto è anche nella foto alla fine dell’articolo e in copertina.
Nel 1928, il poeta possedeva una Isotta Frascati 8 che stava ad indicare gli 8 cilindri della vettura con linea griffata Castagna. Successivamente, in virtù delle vittorie delle Alfa Romeo nelle corse automobilistiche di cui il Vate era appassionato, d’Annunzio ebbe una Alfa 1750 serie 5.
Ma, le automobili più celebri del Comandante, sono sicuramente quelle nel museo l’ “Automobile è femmina” nell’antico garage del Vittoriale degli Italiani, ossia una Fiat Tipo 4, passata alla storia per essere ufficialmente l’automobile del Vate dell’impresa di Fiume, poi uno dei 5 esemplari in Italia della lussuosissima Isotta Fraschini Tipo 8B, 8 cilindri cabriolet, fabbricata nel 1931 in serie limitata con 1740 esemplari nel mondo, con targa della regia aeronautica RA 52, perché acquistata nel 1936 da un generale di brigata aerea, ultima automobile del Vate ribattezzata Traù; e infine la mitica Alfa Romeo, soprannominata “Soffio di Satana” 6C 2300 T del 1932, commissionata personalmente dal Vate e allestita dalla Carrozzeria Touring, su indicazioni specifiche del poeta abruzzese.
“Soffio di Satana” è un’auto unica nel suo genere come d’altronde la vita di d’Annunzio e ne rispecchia il suo stile.
L’Alfa Romeo 6C 2300 T, unisce nella sua linea elegante, griffata da Vittorio Jano, e nelle prestazioni del suo motore Alfa, l’attrazione dannunziana estetica per il bello e quella superonista per la velocità e la tecnologia.
La 6C 2300 T dell’Alfa aveva un motore potentissimo con una cilindrata di 2309cc e 68 CV, a 4400 giri/min di potenza, sei cilindri in linea, con distribuzione a doppio albero a camme in testa e basamento a sette supporti di banco.
Alla “Soffio di Satana” sono legate alcune trasferte amorose del Vate a Milano. Dopo la morte di D’Annunzio, “Soffio di Satana” è stata venduta per pagare i debiti contratti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Quando dell’auto sembrava irrimediabilmente persa ogni traccia, è riapparsa inaspettatamente in un’asta nel 2017 con base di vendita di più di 400 Mila euro, ma, poi un intervento giudiziario ha riconosciuto la vettura come parte inalienabile del patrimonio del Vittoriale, dove è tornata nel 2019.
Inoltre, fra le automobili del Vate, c’è la Fiat 509 regalata dal fondatore della casa automobilistica torinese Giovanni Agnelli che gli fece sentenziare che le automobili sono donne, nella famosa lettera di ringraziamento al capitano d’industria e Senatore del Regno d’Italia del 18 febbraio 1926.
Negli anni Trenta del Novecento, D’Annunzio ricevette anche una Fiat 524 a cinque posti, vero lusso per l’epoca.
Per approfondimenti, sul rapporto fra il Vate e le automobili si può consultare l’opera “Gabriele d’Annunzio e la Velocità”, edito dalla casa editrice napoletana Grimaldi & C., scritto da Francesco Nuvolari, nipote del leggendario pilota mantovano Tazio Nuvolari che incontrò Gabriele d’Annunzio nel cortile della Propria del Vittoriale il 28 aprile 1932, a cui il sommo poeta italico fece dono del famoso talismano della tartaruga d’oro con impresse sopra le iniziali del corridore TN e accompagnato dalla celebre frase “All’uomo più veloce, l’animale più lento”.
Cristiano Vignali