Armi e sparatorie di massa: ragioni psicologiche di un massacro
(DAM) PESCARA – Il 24 maggio 2022 a Uvalde, in Texas, un 18enne di nome Salvador Ramos fa irruzione,
armato, alla Rob Elementary School e pone fine alla vita di 19 bambini e 12 maestre.
L’ennesima tragedia ad opera di un giovane ragazzo che si aggiunge alla lista di individui
sovrastati da rabbia, frustrazione e disprezzo che, affascinati dalle armi da fuoco, hanno
portato a compimento veri e propri massacri. Un triste fenomeno che non accenna a diminuire
e che anzi, purtroppo, tutto lascia presagire possa aumentare negli anni a venire. Le ragioni
sono diverse e possono solo in parte aiutare a spiegare i motivi alla base dei quali gli Stati
Uniti si trovano a dover fronteggiare una piaga di tale portata.
Innanzitutto, gli USA presentano un numero crescente di soggetti socialmente emarginati ed
emotivamente disturbati che, dall’analisi del K-12 School Shooting Database, il database che
raccoglie e documenta le stragi scolastiche negli USA, risultano avere meno di 18 anni e, da
uno studio condotto dalla psicologa Robin Kowalski, evidenziano per più della metà del
numero totale dei problemi psicologici di varia natura.
Un’altra motivazione potrebbe essere ricercata nel disagio psicologico tipicamente
adolescenziale che aumenta, in misura direttamente proporzionale, alla ormai storica e
consolidata carenza di supporto per la salute mentale per questa particolare fascia di età.
Come se non bastasse, secondo studi recenti, i già gravosi effetti causati dalle sfide
generazionali che i giovani si trovano costretti a dover affrontare sono stati esacerbati dalla
pandemia di Covid-19, che ha condotto a un significativo aumento di ansia e manifestazioni
depressive nei gruppi di più giovane età e che ha ulteriormente ridotto la già insufficiente
presenza di operatori sanitari nel settore pubblico a cui richiedere assistenza.
La privatizzazione dell’assicurazione sanitaria, peraltro spesso legata al reddito e a
un’occupazione, che registra tuttora un costante decremento a seguito della pandemia, ha fatto
inoltre sì che un numero crescente di famiglie non si trovi più nelle condizioni di fornire ai
propri figli gli interventi di assistenza mentale preventiva di cui avrebbero eventualmente
necessità.
La terza e più ovvia ragione potrebbe essere ricondotta all’assoluta facilità con la quale negli
Stati Uniti è possibile entrare in possesso di armi; una tendenza documentata e in crescita che
imporrebbe, al di là della necessità dell’istituzione di una regolamentazione più stringente in
merito, l’approfondimento delle reali motivazioni che spingono i giovani a ricorrerne all’uso
per canalizzare rabbia e problemi in maniera disfunzionale.
Un’implementazione all’interno delle scuole e degli istituti del numero di figure sanitarie come
psicologi e assistenti sociali, unita a una migliorata possibilità di accesso ai servizi psichiatrici
e psicoterapeutici, potrebbe senz’altro contribuire all’acquisizione, da parte degli studenti, di
un’adeguata formazione mirata alla funzionale gestione dei conflitti e dell’aggressività e a un
aumento, nel contempo, delle probabilità di intuire e prevenire, da parte degli operatori stessi,
lo sviluppo di situazioni problematiche.
Un corretto approccio terapeutico inoltre, quale ad esempio un percorso personalizzato di
stampo cognitivo-comportamentale e fondato sui principi dell’ACT (Acceptance and
Commitment Therapy), fornirebbe ai giovani un ventaglio di strade diverse e alternative alla
rabbia cieca, impulsiva e distruttiva frenando, o perlomeno mitigando, un fenomeno del quale
troppo spesso ci troviamo costretti a leggere sulle pagine dei giornali.
Dott. Luca Di Venanzio – Psicologo Pescara