Alla riscoperta della “Via Ad Salinas” per la valorizzazione turistica delle aree interne d’Abruzzo colpite dal terremoto e dalla grande nevicata del 2017


(DAM) Bisenti (Te) – Riceviamo e pubblichiamo questo interessante intervento giuntoci in redazione:

” L’Abruzzo è un territorio prevalentemente montuoso, la sua parte orientale è uno stretto lembo di terra compreso tra la parte più elevata della catena degli Appennini, il Gran Sasso d’Italia, e la costa adriatica. Questa parte della regione duramente colpita dagli infausti eventi tellurici susseguitesi dal 2009 al 2017, ha dovuto fare i conti anche con la storica tempesta di neve del Gennaio 2017 che ha gravemente danneggiato economicamente le industrie e gli opifici presenti nell’area geografica. Grazie all’interessamento di operatori locali quali Wolftour, tour operator di Penne (PE) e l’Oasi WWF “Calanchi di Atri”-Atri (TE), unitamente ad altri attori, è nata l’idea del rilancio delle aree interne attraverso la promozione turistica del territorio: un progetto di “slow mobility” che si concretizza nella rivalorizzazione di un asse viario storico “mare-monti”, la “via ad salinas” meglio conosciuta come via del sale, quale possibile risposta alla crisi economica di una terra così martoriata. La “Via ad Salinas” è un percorso commerciale storico, ha origini ancestrali, si perde nella notte dei tempi. Il Sorricchio la dice costruita dai Sabini/Piceni, è addirittura riferita dal Castelli come preesistente ai Sabini. Per altri è fatta risalire alle immigrazioni pelasgiche, le quali furono posteriori a quelle dei Liburni e dei Siculi. Il sale non è solo importante come condimento per gli alimenti. La salagione è una metodologia di conservazione degli stessi. Le prime popolazioni stanziali avevano un problema di importanza capitale, con la nascita dei primi centri abitativi, ovvero la possibilità di conservazione delle derrate alimentari, dovuta alle attività espletate di agricoltura e allevamento. La risposta a tale bisogno fu il semplice utilizzo di un bene “frutto” della natura e cioè l’utilizzo del sale. La “Via ad Salinas” dunque premuniva l’approvvigionamento del prezioso bene dai luoghi di produzione e/o di stoccaggio, verso aree geografiche interne, ove soddisfare la domanda in mercati molto distanti dalle zone costiere. Stretti tra un’esigua fascia costiera e gli imponenti massicci del Gran Sasso d’Italia le vie di comunicazione, tra gli antichi popoli abitanti l’Abruzzo, era impervie e condizionate dalla geomorfologia del territorio. La “Via del Sale” attraversava tutti i tratti geomorfologici dell’Abruzzo, la fascia litoranea, luogo di produzione del sale ovvero l’ubicazione delle saline, presso “Angolum” l’attuale Città Sant’Angelo, proprio alla foce del fiume “Saline”, la fascia sub collinare, la fascia pedemontana, la fascia montana. E’ convinzione del Barnabei che questo tracciato sia stato battuto in antico e sia stato il tramite più diretto per andare a Roma, prima e dopo la migliore agibilità della Salaria propriamente detta. Questa strada non doveva superare grandi corsi d’acqua e svilupparsi tra gole a strapiombo. I popoli italici che abitarono anticamente il territorio abruzzese oggetto del percorso furono i Piceni, i Pretuzi, i Vestini, l’ ”ager Hatrianus” . Essi furono successivamente sottomessi dalla grandezza di Roma. Questa strada congiungeva gli antichi popoli italici dell’opposto versante dell’Appennino e specialmente i Vestini, partiti in primavera sacra circa quattro secoli prima la fondazione di Roma. Tale fu l’importanza del prezioso minerale che nell’antica Roma parte dello stipendio di militari e di impiegati civili era costituito da una razione di sale, donde ancora oggi la parola “salario” continua a far parte del nostro etimo quotidiano. Nel corso dei secoli il sale ha avuto una importanza talmente elevata, tanto da risultare in alcuni periodi storici più importante dell’oro. Il sale era alla base degli scambi, sorreggeva le moneta e causava le guerre tra gli uomini. I “mercatores italici” scambiavano, lungo la rotta commerciale, il sale con altri beni di uso quotidiano secondo un principio di equivalenza: è possibile ipotizzare tali tipologie di transazione, sale in cambio di lana, legname, in cambio di vino o pellame, di formaggi o cereali, di grano o altri prodotti della terra quali fagioli, verdure, frutta ecc. Or bene, sarebbe più corretto non parlare di “Via del Sale” ma di “Vie del Sale”, a seconda dei territori che il minerale, tramite i mercanti e i viandanti, attraversava. Unicamente in Abruzzo, negli Appennini centrali, nell’altopiano di Campo Imperatore (AQ) , essa incontrava un’altra rotta commerciale storica ovvero la “transumanza”. La relazione tra “Via del Sale” e Transumanza assume in questo contesto una importanza capitale. Entrambe erano legate in rapporto biunivoco e inverso. Il Sale è fondamentale nella dieta degli ovini, in particolar modo nel cruciale momento di ritorno ai pascoli sui monti, che dopo la stagione invernale risultavano, per ovvi motivi sciapi. La prima con un percorso dal mare (luogo di produzione) verso i monti, la seconda con un itinerario dai monti verso il piano. L’una con un tracciato orizzontale rispetto alla posizione geografica della penisola Italica, l’altra con un tracciato verticale. Come in un incrocio economico su assi cartesiani tra domanda e offerta, lungo le due rotte commerciali avvenivano scambi di beni nel “punto di equilibrio”. Sale in cambio di lana, latte e altri derivati del commercio di bestiame, fino a raggiungere il buon fine dello transazione. Il progetto “via ad salinas”, attraversa oggi tre province della regione: Pescara, Teramo e L’Aquila attraverso i comuni di Pineto, Atri, Penne, Bisenti e Farindola. Il progetto è dunque volto alla valorizzazione della “abruzzesità” nella sua interezza, un contenitori di valori, che va oltre il semplice concetto di tipicità ma alimenta atmosfere e suggestioni, racconta leggende e storia, evoca cultura ed arte, assapora l’ enogastronomia oltre che la tutelare “tutta la natura” che l’Abruzzo offre”.

Intervento inviato in redazione da Bisenti